Matrimoni gay, attacco al tabù. Storico dilemma per la Consulta

Dalla Rassegna stampa

In Camera di consiglio a porte chiuse. La pronuncia della Corte costituzionale sulla questione dei matrimoni gay è attesa per oggi. Riuniti dalle 17,30 di ieri, dopo la conclusione dell'udienza pubblica, i giudici della Consulta hanno interrotto poco oltre le 19 l'esame dei dieci ricorsi in calendario, il secondo dei quali riassume i casi di tre coppie omosessuali che avevano chiesto di sposarsi in Comune, due a Trento e una a Venezia.
I legali delle coppie hanno sostenuto che l'impossibilita di sposarsi per le persone dello stesso sesso è una evidente discriminazione, e contraddice con l'analoga possibilità accordata a chi, invece, si sottopone a operazione chirurgica per cambiare sesso.
L'Avvocatura dello Stato ribatte che la disciplina di questa materia compete al Parlamento, e che non si può introdurre nell'ordinamento una così grande novità attraverso una sentenza, sia pure del più alto collegio giudiziario di legittimità.
«C'è ansia, ma anche tanta speranza», commentano Matteo Pegoraro e Francesco Piomboni, fiorentini, antesignani della battaglia legale e culturale arrivata al traguardo della massima istanza sulla costituzionalita delle norme emanate dal Parlamento. Francesco e Matteo, infatti, nel 2007 presentarono per primi il ricorso al Tribunale e successivamente alla Corte d'appello di Firenze, contro il rifiuto dell'ufficiale di stato civile di Palazzo Vecchio di dare corso alle loro pubblicazioni di matrimonio. «Se i giudici applicheranno la Costituzione, non potranno non riconoscere il nostro diritto - hanno spiegato -. Se invece decideranno diversamente, vorrà dire che continueremo la nostra lotta».
Concetto espresso anche da Franco Grillini, presidente di Gaynet: l'udienza che si è aperta ieri è già «un fatto di rilevanza storica, qualunque sia l'orientamento della Corte costituzionale sul matrimonio tra persone dello stesso sesso».
Di opposto segno il giudizio contenuto nell'auspicio di Carlo Giovanardi, sottosegretario con delega alle politiche per la famiglia, secondo il quale «la Consulta non può bocciare la Costituzione italiana, perché l'articolo 29 parla chiaro: la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio, i nostri padri costituenti non avevano il minimo dubbio che il matrimonio fosse l'unione tra un uomo e una donna».
E con buona pace della dichiarazione d'intenti del comitato nazionale promotore delle iniziative
legali («non riteniamo che la decisione della Corte costituzionale debba essere argomento di campagna elettorale»), fatalmente nel Lazio, dove Renata Polverini sfida per il centrodestra la candidata della maggioranza uscente, la super laica Emma Bonino, della prossima sentenza si è parlato eccome.
«Per me alla base del matrimonio c'è la diversità dei sessi, poi i diritti civili sono individuali e su quello non discuto», ha commentato la Polverini. «Il diritto deve fare la sua parte e quello che dice la Corte costituzionale è un vincolo per tutti: ognuno potrà continuare poi a fare la sua battaglia culturale», ha replicato la Bonino.
 

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