La massoneria ha rialzato la cresta al Pedrocchi

A volte ritornano. I massoni italiani, obbedienza Grande Oriente d'Italia, arrivano puntualissimi mentre mezz'Italia si è scatenata alla semplice prospettiva di togliere alla chiesa italiana le esenzioni selettive dall'Ici.
Lo hanno fatto, sabato scorso, a Padova, nell'antico Caffè Pedrocchi, che peraltro è gestito da imprenditori ciellini, quindi antipatizzanti con la causa dei framassoni, in quanto cattolici piuttosto rigorosi o integralisti secondo la vulgata che va per la maggiore.
Ignaro o indifferente alla coabitazione, il gran maestro Gustavo Raffi aveva convocato nella Città del Santo un convegno, anzi un talk show, come recita il sito ufficiale di Palazzo Giustiniani sede della fratellanza massonica, su un tema impegnativo: Laicità e pensiero: radici e futuro dell'Italia Unita.
Dove l'aggettivo al maiuscolo serviva forse per marcare una distanza, in terra leghista, da ogni velleità secessionista.
L'evocazione del format televisivo non era casuale: ad animare alla kermesse dei grembiulini del Bel Paese, Raffi e i suoi hanno chiamato il giornalista Alessandro Cecchi Paone, forse più per la sua vis anticlericale che per le sue frequentazioni di loggia.
E infatti, secondo quanto riporta in un'essenziale cronaca il Gazzettino, papa e vescovi sono stati inevitabilmente i convitati di pietra del rendez vous massonico.
Ma oltre a polemizzare sull'Ici-Imu, i fratelli muratori hanno voluto alzare il tiro, puntando al bersaglio grosso dell'8x1000, «una truffa organizzata da Giulio Tremonti», s'è incaricato di chiosare Cecchi Paone, evidentemente interpretando il clima della Sala Rossini.
Una bordata a cui ha fatto eco subito Massimo Teodori, storico ma anche militante radicale in servizio permanente effettivo che, a quanto riporta invece il Corriere Veneto, s'è rivolto direttamente al capo dei vescovi italiani: «Il nostro è un urlo di dolore verso la Chiesa e il cardinale Angelo Bagnasco», ha detto, «sono anni che si discute della questione dell'Ici, ma adesso basta. Pagate, pagate, pagate».
Teodori, a lungo collaboratore del Giornale di Vittorio Feltri e di Maurizio Belpietro, era uno degli studiosi convocati sul tema unitario, anzi «Unitario», insieme Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, Michele Ciliberto, storico di Giordano Bruno, Dino Cofrancesco e Luisella Battaglia, entrambi ricercatori dell'università di Genova.
Con loro, il presidente del comitato scientifico del Grande Oriente, Valerio Zanone, indimenticato leader di un partito liberale della prima repubblica, quello piccolo e rispettabile che aveva preceduto le gestioni assai discusse di Renato Altissimo e Francesco De Lorenzo.
Ma, aldilà dei relatori e dell'iperbolica conduzione, l'attrazione della giornata è stato lui, il gran maestro Raffi, da Bagnocavallo (Ra), classe 1944, ed erede diretto della fratellanza romagnola che arriva a noi dai moti mazziniani e anche oltre. «La massoneria», ha sentenziato, «ha sempre anticipato i partiti politici, ha una visione cosmopolita e grandi valori che si sono andati perdendo».
Uno scenario in cui qualcuno ha letto l'elogio del governo tecnico, tanto che qualche cronista s'è sentito in dovere di fare i nomi chiedendo se per caso il premier in carica, sotto il loden, non indossi il grembiulino rituale.
«Non è un massone», ha risposto serio Raffi, «ma ci sono tanti massoni senza tessera e tanti con la tessera che non lo saranno mai». Risposta, questa sì, da autentico talk show.
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