Marco Pannella e la questione repubblicana

Dalla Rassegna stampa

Bisognerà pur dare atto a Marco Pannella che sul referendum dell’87, quello che riguardava la responsabilità civile dei magistrati, aveva ragione lui e non noi. Noi credevamo in buona fede che i magistrati italiani assomigliassero tutti a Giovanni Falcone e quasi non ci eravamo accorti dei "corvi" che Falcone invece lo avevano circondato e costretto ad allontanarsi. Pannella aveva anche ragione a contestare la legge Vassalli, successiva al referendum in cui gli italiani gli avevano pure dato il necessario consenso e che di fatto invalidò quel risultato. Il Partito socialista, di cui Vassalli era eccellente ministro. avrebbe pagato per primo e più di tutti tanta generosità nei confronti dei giudici. Se poi veniamo all’oggi, i punti di differenza con Pannella restano tanti, ma ci accorgiamo che ne esistono pure di comuni. Ad esempio, egli lamenta una certa difficoltà ad interloquire con i vertici del Pd, di cui è alleato. Ci ricorda la nostra difficoltà a interloquire con i vertici del Pds quando eravamo nella stessa maggioranza.
 
 Berlusconi è più socievole, più alla mano. Un modo sicuramente diverso di concepire le relazioni politiche e personali da parte del premier, di quello che hanno gli ex comunisti. Ex comunisti che vanno d’amore e d’accordo con gli ex cattolici nel Pd. Pannella ha preso schiaffi dagli uni e maledizioni dagli altri, per cui non può stupirsi di una qualche difficoltà di rapporti. Anche perché riscontriamo come Marco sia rimasto, nel suo modo di concepire la vita e la realtà, ben poco conforme a quel pensiero cattocomunista che pure domina ancora il Pd e che l’onorevole Bersani ha elargito a piene mani nell’assemblea nazionale di domenica scorsa. Per considerare come una vittima una ragazza che guadagna duemila euro in una notte, ci vuole davvero beneficio di inventario. Essere poi convinti che il premier sia già colpevole di reati sessuali, senza nemmeno che il processo sia iniziato, la dice lunga sul senso del diritto che alberga in quel partito che si dice "democratico". Pannella è di un’altra stoffa e bisogna dargliene atto. Veniamo allora alla “Questione repubblicana” che il leader radicale tratteggia nella sua intervista alla "Stampa". Marco ci dice che è dovere repubblicano salvare le istituzioni in rovina, soprattutto quando non si vedono alternative convincenti.
 
 Anche qui sentiamo una qualche comunanza. Perché non capiamo la ragione di far cadere addosso un edificio pericolante, quando non si sono nemmeno costruite le fondamenta di un altro. Si può dire: eppure un altro bisognerà pur costruirlo visto che questo cade. Vero, ma non ci riusciremo se quello pericolante ci cade addosso. E senza un progetto alternativo convincente - per ora sono stati lanciati tanti "ballon d’essai", alcuni riusciti, altri meno - sarebbe il caso che radicali e repubblicani si rimettessero intorno ad un tavolo seriamente. La difesa delle istituzioni è un dovere repubblicano, ma la costruzione di un’area liberaldemocratica è una esigenza che sentiamo entrambi, radicali e repubblicani, anche considerate le difficoltà di sopravvivenza che ci hanno caratterizzato subito dopo il tentativo infelice del Polo Laico alle europee del 1989. Allora lo lasciammo subito cadere. Forse fu un errore.

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