Marcinelle, senza diritti si muore ancora

Dalla Rassegna stampa

La sicurezza del lavoro, il contributo dei migranti italiani, del loro sacrificio, alla costruzione dell’Europa del dopoguerra, il ricordo di quella condizione di migranti per l’oggi, stranieri che approdano nel nostro paese ma anche italiani che continuano a migrare. Sono i temi che il 57° anniversario della strage di Marcinelle ha riportato alla memoria, nelle parole di Giorgio Napolitano, del ministro degli Esteri Emma Bonino e della presidente della Camera Laura Boldrini. La strage di minatori al Bois du Cazier, 262 dei 274 al lavoro nelle gallerie, persero la vita e, di questi, 136 erano italiani. Per il presidente della Repubblica la ricorrenza è un «potente richiamo ad una riflessione ancora attuale sui temi della piena integrazione degli immigrati così come su quelli della sicurezza nei luoghi di lavoro» che richiama la «massima attenzione di istituzioni e forze sociali al «concreto accoglimento di queste istanze umane e civili e la piena affermazione di questi diritti fondamentali».

Il ministro Bonino ricorda che erano dodici le nazionalità dei migranti che persero la vita a Marcinelle, la presenza degli italiani quasi un atto fondativo dell’Europa integrata, che i miniatori andavano in Belgio sulla base di un accordo che all’Italia faceva arrivare il carbone. Per Emma Bonino «L’ emigrazione è parte integrante e indissolubile della nostra nazione e della nostra storia». Nei luoghi della catastrofe, in rappresentanza dell’Italia, è andata la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Gli emigrati italiani che in Belgio cercavano alloggio trovavano scritte ‘né animali né stranieri’ - ha ricordato la terza carica dello Stato - come oggi in Italia non si affitta a stranieri in barba alla nostra storia». «Oggi - aggiunge Laura Boldrini in polemica con alcune dichiarazioni dell’ad di Fiat Sergio Marchionne - c’è chi dice che nel 2013 di soli diritti si muore, nonostante si continui a perdere la vita per la mancanza di diritti e tutele, ma è senza diritti che si muore, allora come oggi, ed è questo che ci ricorda Marcinelle».

«Negli anni cinquanta del secolo scorso - è il ricordo della Cgil - gli uomini morivano lavorando in miniere prive della necessaria sicurezza. Oggi migliaia di immigrati vengono respinti o costretti alla clandestinità, senza il riconoscimento dei diritti fondamentali, quando non perdono la vita nel tentativo di raggiungere paesi che li respingono e li abbandonano al loro destino. Per questo, nello stesso spirito di allora, la Cgil continua il proprio impegno per il riconoscimento dei diritti dei migranti e per una politica di accoglienza». Il modo migliore di onorare «i nostri caduti» , ha detto la parlamentare Pd Laura Garavin, «è una svolta culturale nella sicurezza sul lavoro». Il governatore del Veneto Luca Zaia ricorda i nomi dei cinque veneti che perirono a Marcinelle ma polemizza con i «buonismi»: «Dino Dalla Vecchia di Sedico, Giuseppe Polese di Cimadolmo, Mario Piccin di Codognè, Guerrino Casanova di Montebelluna, Giuseppe Corso di Montorio veronese. Li ricordo perché non dobbiamo dimenticare il tributo pagato alla necessità di emigrare», ma «il Veneto è un esempio concreto, funzionante, reale di una convivenza che dimostra con i fatti come andrebbe ovunque affrontata la problematica migratoria, al di là di tolleranze acritiche e di facciata».

 

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