Marò: l'Italia ha fatto tutto il possibile?

Dalla Rassegna stampa

È la peggiore delle domande, questa. Perché se possiamo accettare che l’India abbia violato le norme del diritto internazionale sugli incidenti avvenuti in acque internazionali, che abbia costruito un teorema accusatorio aggiustando le prove, che abbia utilizzato la vicenda dei due marò per fini politici interni, e che stia dando prova di una lentezza giudiziaria imbarazzante, è molto più doloroso guardare a noi stessi, e concludere che i due fucilieri di Marina sono stati difesi poco e male dallo stesso Stato che li ha mandati in missione. Il primo errore nostro è stato consentire il rientro della Lexie in acque indiane. Certo, nessuno poteva sospettare quello che sarebbe successo poi e il rientro a Kochi della petroliera dimostra anche che non c’era nulla da nascondere.

Il secondo errore è stato non credere fino in fondo alle dichiarazioni dei due marò: abbiamo sparato in acqua. E piuttosto puntare a una gestione accomodante, con l’idea che in fondo potevamo cavarcela in modo amichevole. Abbiamo versato una somma in denaro alle famiglie delle vittime, con un gesto che sapeva di ammissione di colpevolezza. Perché? Non volevamo irritare un Paese che è un ottimo compratore di armi e sistemi d’arma, e un partner commerciale importante. Abbiamo puntato a una diplomazia soft, senza tener conto di avere di fronte una controparte orgogliosa e prepotente. Abbiamo passato la patata bollente attraverso le mani di quattro ministri degli Esteri (Terzi, Monti ad interim, Bonino, Mogherini) e tre governi che hanno posto questioni di principio (la giurisdizione, l’immunità funzionale, la necessità di un arbitrato) senza mai fare passi concreti, con il solo sussulto del minacciato non rientro dei marò dal secondo permesso, poi rimangiato.

L’India è rimasta sempre ferma nelle sue accuse, irremovibile nei suoi tempi lunghi, determinata a spostare sempre più in là un processo che potrebbe imbarazzarla, perché non è facile condannare due innocenti. E la loro estraneità è dimostrata dalle prime dichiarazioni del capitano del peschereccio che parla di un incidente avvenuto quattro ore e mezzo dopo l’incidente della Lexie e dalle traiettorie dei proiettili che hanno colpito il piccolo peschereccio con una traiettoria orizzontale mente il ponte della Lexie stava a oltre 20 metri s/l/m. L’Italia ha chinato il capo, accontentandosi di una detenzione ospitale e limitandosi ad alzare la voce ogni tanto, per salvare la capra del business e i cavoli dei marò. Il risultato è che la capra sta dimagrendo, e i cavoli sono ancora là.

 

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