Marò, in Italia inquirenti indiani

Dalla Rassegna stampa

Una squadra della National Investigation Agency indiana potrebbe arrivare presto in Italia per interrogare i quattro marò che furono testimoni dell’incidente al largo della costa del Kerala nel 2012, a bordo dell’Enrica Lexie insieme a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. I quattro, sostenuti dal governo italiano, si sono infatti rifiutati di recarsi in India per testimoniare. E dopo un lungo braccio di ferro, le autorità indiane avrebbero ceduto. A riferirlo è l’agenzia stampa indiana Pti. Il Times of India aggiunge che sarebbe la polizia italiana ad interrogare i quattro marò, alla presenza di una squadra Nia. La seconda opzione possibile sarebbe invece quella di ottenere le dichiarazioni da parte dei testimoni in base al Trattato di reciproca assistenza legale firmato da India e Italia. Entrambi i metodi sono accettati dai tribunali indiani.

Le due proposte fatte dall’Italia, interrogare i testimoni in videoconferenza o tramite un questionario, non sono invece ammissibili per la magistratura indiana. I quattro fucilieri che si trovavano a bordo della Lexie con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte. Le notizie che giungono dall’India s’intrecciano con le mai sopite polemiche interne. «Accetto consigli da tutti ma un po’ meno sono disposta ad accettare polemiche». È quanto sostenuto nei giorni scorsi dalla ministra degli Esteri, Emma Bonino, alle Commissioni riunite Esteri e Difesa durante l’audizione congiunta con il collega Mario Mauro, in riferimento alla vicenda dei due marò italiani trattenuti in India. «Vanno bene lezioni da tutti, con qualche distinguo», ha spiegato la titolare della Farnesina, dopo le recenti critiche a tal proposito, arrivate anche dal suo predecessore Giulio Terzi.

POLEMICHE

Il governo Letta, ha detto la ministra Bonino, ha «ereditato un dossier di grande complessità» sulla vicenda dei due marò italiani trattenuti in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. «Il nostro impegno è portare a casa i marò. Dove si è bloccato il discorso, che al momento penso stiamo superando, è l’interrogatorio dei quattro militari che erano sulla nave» con Latorre e Girone. «Noi giustamente ci rifiutiamo di rimandarli in India per essere interrogati e il braccio di ferro sta in queste dimensioni», ha commentato Bonino, precisando che una volta in Italia «i nostri connazionali avranno un processo davanti una Corte speciale» e per loro varrà «la presunzione di innocenza». «Non voglio far polemiche - insiste la ministra degli Esteri con chi ha gestito in passato questo dossier. Accetto le critiche di tutti, ma non di chi l’ha gestito prima. Se era così bravo - puntualizza - li portava a casa. Altrimenti mi faccia lavorare».

Il principale destinatario degli strali di Bonino è il suo predecessore alla Farnesina: Giulio Terzi. «Preciso a giusta memoria - replica Terzi - che nel febbraio 2013 li ho riportati in Italia, mi sono dimesso quando altri hanno deciso di rimandarli in India». «Da marzo a oggi, tra silenzi e annunci, nulla è accaduto - prosegue l’ex ministro degli Esteri - se non la sottomissione a processo illegittimo in India. Questi sono i fatti. L’unico mio auspicio è che finalmente parta l’azione internazionale per riportarli a casa». Ma a litigare sul caso dei marò italiani sono anche i ministri indiani. E, considerato che il braccio di ferro potrebbe avere riflessi sulla campagna elettorale locale, la tensione rischia di complicare la sorte dei due fucilieri del Battaglione San Marco. La tensione tra i ministri è così alta che, secondo il quotidiano The New Indian Express, il governo federale ha deciso di chiedere il parere del procuratore generale, G.E. Vahanvati, per «trovare una via d’uscita al pasticcio».

 

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