Marò, la Corte suprema indiana dà al governo 14 giorni per decidere

Dalla Rassegna stampa

Due settimane: il governo indiano dovrà decidere entro il 3 febbraio come andare avanti nel caso dei due marò italiani trattenuti in India. Lo ha deciso ieri la Corte suprema di New Delhi: all’interno dell’amministrazione - hanno detto i giudici - esiste «un conflitto di opinione» che va «riconciliato» entro l’inizio del mese prossimo, quando si terrà una nuova udienza. Se a quel punto la situazione non si chiarirà, la difesa chiederà il proscioglimento dei due marò e il loro rientro in patria. Se ne discuteva dopo che l’Italia, attraverso l’ambasciatore Daniele Mancini e con l’accordo del team di avvocati che difende Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, aveva chiesto al massimo tribunale indiano di imporre agli investigatori la formulazione dei capi d’accusa oppure di terminare il caso e lasciare liberi i due fucilieri di Marina. E dal 18 gennaio dell’anno scorso, infatti, che la Corte suprema ha ordinato la creazione di un tribunale speciale per processare i due militari italiani accusati di avere ucciso due pescatori al largo delle coste dello Stato del Kerala, il 15 febbraio 2012. Da allora, però, niente è successo, i capi d’imputazione non sono stati nemmeno formulati.

Alla base del rinvio una contraddizione scoppiata tra il ministero degli Esteri e quello degli Interni indiani. Il primo ha da tempo garantito che Girone e Latorre non avrebbero mai rischiato la pena di morte; il secondo controlla l’agenzia antiterrorismo e antipirateria Nia, a cui è stato affidata l’indagine e la formulazione delle accuse: non sa cosa decidere perché la Nia può solo procedere sula base di una legge (Sua Act) che in caso di condanna prevede esclusivamente la pena capitale. Obiettivo dell’Italia è che il processo - affidato a un tribunale speciale - non sia condotto sulla base del Sua Act: prima di tutto perché prevede la (inconcepibile) pena di morte; ma anche perché significherebbe considerare i miliari italiani terroristi o pirati, aberrazione di fronte al fatto che quel 15 febbraio 2012 erano, in quanto militari italiani e non privati contractors, in missione antipirateria sulla nave Enrica Lexie. «Invocare la legge antiterrorismo Sua hanno detto gli avvocati di parte italiana - equivarrebbe a definire la Repubblica italiana uno Stato terrorista». Ovviamente «inaccettabile». La Corte suprema ora vuole che sulla vicenda New Delhi finalmente decida. Nel frattempo, i legali di parte italiana chiederanno che un’udienza del tribunale speciale, prevista per il 3o gennaio, sia rinviata in attesa di conoscere gli sviluppi dell’udienza del 3 febbraio presso l’Alta corte.

Nelle prossime due settimane, il governo italiano non sembra intenzionato a stare ad aspettare senza prendere iniziative. «Continuerà nel lavoro di pressione e sensibilizzazione a livello internazionale», ha detto l’inviato italiano per il caso, Staffan de Mistura. Ieri, a conclusione di una riunione del Consiglio dei ministri degli Esteri europei, Emma Bonino ha detto che la questione marò «sarà riproposta anche nella consultazione politica Ue -India venerdì». Ha poi confermato che la questione è seguita dalla rappresentante europea per la politica estera Catherine Ashton e ha ribadito che, dal punto di vista diplomatico, tutte le opzioni per spingere verso una soluzione del caso restano sul tavolo.

 

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