La manipolazione delle parole un vero tradimento della realtà

Chi segue il filo del ragionamento che andiamo sviluppando settimana dopo settimana su queste pagine (e tutto l'anno su «Avvenire») lo sa già molto bene: cambiar nome alle cose non modifica la loro sostanza ma ne altera la percezione nella coscienza della gente, spostando i termini sui quali la coscienza cerca di costruire un giudizio. Oggi portiamo due casi lampanti: la «contraccezione d'emergenza», con la quale si nasconde un farmaco dal potenziale intuitivamente abortivo (la «pillola del giorno dopo», chiamata a fermare una gravidanza forse appena iniziata) e il «suicidio medicalmente assistito», ovvero la più recente scelta terminologica per non parlare apertamente di eutanasia, di fronte alla quale la gente istintivamente resiste (con buona pace dei radicali). È sempre più vero che occorre restituire alla realtà il suo volto, chiamare le cose per nome, informarsi e spiegare. Perché non c'è trucco che regga: la vita umana non sopporta slealtà.
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