La maggioranza e i suoi confini

Ora il Parlamento prova a riprendersi la scena. Non solo è legittimo, ma è anche indispensabile che le forze politiche dimostrino di esistere. Come? In primo luogo definendo qualche emendamento correttivo alla manovra, d'intesa con il premier: ritocchi, non stravolgimenti. In secondo luogo, sforzandosi di accelerare al massimo l'iter parlamentare delle misure.
E infine evitando di creare l'impressione come dice Casini con felice sintesi- che il governo «sia figlio di nessuno». Le tre cose stanno insieme come altrettanti aspetti ineludibili della prova di maturità a cui le forze politiche sono sfidate in questi giorni decisivi.
Stiamo infatti assistendo ai passi iniziali della Terza Repubblica. Una maggioranza larga, ma non dichiarata, esegue i suoi primi esercizi lungo un sentiero politico-parlamentare tanto innovativo da esser senza precedenti. Non è strano allora che il presidente del Consiglio si prepari a chiedere il voto di fiducia alle Camere. Da un lato c'è l'urgenza di varare in fretta il pacchetto finanziario; ma dall'altro esiste la realtà di un Parlamento in cui i vertici dei partiti (Pdl, Pd, terzo polo) sono convinti di dover sostenere Monti, ma in cui gli umori e i malumori della grande platea dei «nominati» sono insondabili.
Per non dire delle linee di frattura che sono ormai evidenti. La Lega in questa fase cammina per conto suo e Berlusconi non ha alcun interesse a correrle dietro sulla linea populista di cui Bossi, Calderoli e persino Maroni sono gli alfieri.
Sull'altro versante, è inevitabile e forse anche opportuno che Bersani beva l'amaro calice fino in fondo. A costo di avere qualche nemico a sinistra: tenersi stretto Di Pietro rischia di costargli molto caro, in un gioco di ambiguità che l'opinione pubblica non capirebbe. Il Pd sa di dover offrire a Monti un sostegno pieno - sia pure temperato da qualche minimo correttivo alla manovra - e questa prospettiva risulta ormai incompatibile con le vecchie intese stipulate a suo tempo con l'IdV e il movimento vendoliano. Si volta pagina e tutti devono prepararsi a recitare in una nuova commedia.
S'intende che tutto questo è molto doloroso in termini politici e sociali. Ma è un passaggio a cui non si sfugge. In fondo ha ragione il leader dell'Udc quando chiede ai partiti della maggioranza dì «metterci la faccia». Vuol dire che occorre fare un passo avanti verso la chiarezza e la trasparenza dei rapporti parlamentari. Magari anche attraverso un «coordinamento» dei gruppi: espressione un po' gergale che fa rabbrividire i lettori, ma che indica, né più né meno, la marcia verso un maggior coinvolgimento politico in favore di Monti.
Qui infatti si coglie un punto di debolezza, non di forza, del governo. Una maggioranza «leggera» e non vincolata può apparire "glamour" all'inizio, ma rischia di dissolversi a ogni passaggio scabroso. E di passaggi così ce ne saranno molti nei prossimi mesi, soprattutto se l'esecutivo superasse la primavera C'è l'economia, ma via via molti altri nodi verranno al pettine. Ieri, ad esempio, Emma Bonino ha sottolineato il problema della «malagiustizia». Difficile darle torto, visto che l'emergenza economica non è l'unica in questo paese: nelle corti di giustizia e nelle carceri ce ne sono altre che l'esecutivo non può trascurare.
In altri termini, l'unità nazionale può, sì, essere solo ufficiosa. Ma non può essere fittizia ed equivoca, suscettibile di farsi spazzar via dal primo temporale. Berlusconi, Bersani e Casini sono costretti dalle circostanze a restare uniti. Quindi è meglio che siano disposti ad ammetterlo, costi quel che costi. Il voto di fiducia andrebbe in tal senso.
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