Ma la risposta Ue lascia in sospeso molti interrogativi

Passata la paura del tracollo e l’euforia delle Borse, a Bruxelles si riprendono in mano i documenti del piano "salva-Stati" rimasti sul tavolo del Consiglio Ecofin domenica notte e si scopre che l’Europa è in mezzo al guado. Per alcuni la scelta di soccorrere i Paesi in difficoltà con dei prestiti nazionali, invece che con gli auspicati eurobond, non traghetta l’Ue verso una vera governance economica, ma allo stesso tempo non permette di ritornare sulla sponda degli egoismi nazionali. Non si possono fare investimenti europei, ma non esistono neanche strumenti per costringere gli Stati alla disciplina di bilancio.
Nel testo delle conclusioni approvato alle 3 di notte, dopo 10 ore di estenuanti negoziati, si afferma che per aiutare gli Stati membri in difficoltà «è previsto un volume fino a 60 miliardi di euro e l’attivazione è soggetta ad una forte condizionalità, nel contesto di un sostegno congiunto Ue/Fmi». Se servono più soldi, però, non sarà l’esecutivo Ue a trovarli, come previsto inizialmente dal piano della Commissione che prefigurava una sorta di eurobond, ma interverranno i Governi fino a 440 miliardi di euro di prestiti e l’Fmi fino a 250 miliardi di dollari. Ma a differenza degli aiuti alla Grecia i prestiti non saranno bilaterali, cioè tra Stati membri, ma saranno convogliati in uno "Special Purpose Vehicle", cioè un fondo di cui nessuno ancora conosce i dettagli di funzionamento.
La soluzione di creare dei titoli di stato europei, gli eurobond, si è arenata contro la fermissima opposizione della Germania. Anche con la garanzia di tutti, quindi, comprare un titolo di stato greco o portoghese non sarà proprio la stessa cosa che comprare un titolo di stato tedesco, dove i rischi di non rivedere i propri soldi restano comunque più bassi, così come gli interessi. Affinché «questa manovra non si limiti ad influenzare le prossime 48 o 72 ore c’è bisogno di altro», ha commentato Emma Bonino, osservando che il piano «mantiene zone d’ombra vastissime». I dettagli, ha spiegato, «dovranno essere resi pubblici nei prossimi giorni, e quelli saranno decisivi: chi gestisce questi fondi, chi prende le decisioni, in base a quali criteri». L’eurodeputato Pd, Sergio Cofferati, ha lodato il varo del meccanismo, ma ha ricordato che questo «dovrà poter contare su una dotazione effettiva e disponibile» e che nel piano«suscita perplessità il solo riferimento al consolidamento finanziario» senza alcun cenno agli investimenti che sarebbero stati permessi dagli eurobond.
I conservatori «insistono su tagli controproducenti per mere ragioni ideologiche», ha accusato il presidente del Pse, Poul Nyrup Rasmussen, «quanti posti di lavoro devono ancora essere persi prima che imparino la lezione?». Cinzia Alcidi, ricercatrice presso il Center for European Policy Studies (Ceps) a Bruxelles, ha spiegato a l’Unità che questo meccanismo «è una soluzione per il breve termine, perché si dà sollievo ai mercati, ma non si risolve il problema di insolvibilità dei Paesi». Mancano cioè gli incentivi per convincere gli Stati a quella disciplina di bilancio che la Germania ha chiesto a Spagna e Portogallo.
Tante lacune a cui l’Ue tenterà di porre rimedio nei prossimi giorni. Domani la Commissione presenterà in anticipo le sue proposte per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche degli Stati, oltre a dare il suo parere favorevole all’ adozione dell’euro da parte dell’ Estonia a partire dal primo gennaio 2011. Il 21 maggio, infine, si riunirà la task force presieduta dal presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, per riformare il Patto di Stabilità in modo da prevenire altri deragliamenti come quello della Grecia.
Nel testo delle conclusioni approvato alle 3 di notte, dopo 10 ore di estenuanti negoziati, si afferma che per aiutare gli Stati membri in difficoltà «è previsto un volume fino a 60 miliardi di euro e l’attivazione è soggetta ad una forte condizionalità, nel contesto di un sostegno congiunto Ue/Fmi». Se servono più soldi, però, non sarà l’esecutivo Ue a trovarli, come previsto inizialmente dal piano della Commissione che prefigurava una sorta di eurobond, ma interverranno i Governi fino a 440 miliardi di euro di prestiti e l’Fmi fino a 250 miliardi di dollari. Ma a differenza degli aiuti alla Grecia i prestiti non saranno bilaterali, cioè tra Stati membri, ma saranno convogliati in uno "Special Purpose Vehicle", cioè un fondo di cui nessuno ancora conosce i dettagli di funzionamento.
La soluzione di creare dei titoli di stato europei, gli eurobond, si è arenata contro la fermissima opposizione della Germania. Anche con la garanzia di tutti, quindi, comprare un titolo di stato greco o portoghese non sarà proprio la stessa cosa che comprare un titolo di stato tedesco, dove i rischi di non rivedere i propri soldi restano comunque più bassi, così come gli interessi. Affinché «questa manovra non si limiti ad influenzare le prossime 48 o 72 ore c’è bisogno di altro», ha commentato Emma Bonino, osservando che il piano «mantiene zone d’ombra vastissime». I dettagli, ha spiegato, «dovranno essere resi pubblici nei prossimi giorni, e quelli saranno decisivi: chi gestisce questi fondi, chi prende le decisioni, in base a quali criteri». L’eurodeputato Pd, Sergio Cofferati, ha lodato il varo del meccanismo, ma ha ricordato che questo «dovrà poter contare su una dotazione effettiva e disponibile» e che nel piano«suscita perplessità il solo riferimento al consolidamento finanziario» senza alcun cenno agli investimenti che sarebbero stati permessi dagli eurobond.
I conservatori «insistono su tagli controproducenti per mere ragioni ideologiche», ha accusato il presidente del Pse, Poul Nyrup Rasmussen, «quanti posti di lavoro devono ancora essere persi prima che imparino la lezione?». Cinzia Alcidi, ricercatrice presso il Center for European Policy Studies (Ceps) a Bruxelles, ha spiegato a l’Unità che questo meccanismo «è una soluzione per il breve termine, perché si dà sollievo ai mercati, ma non si risolve il problema di insolvibilità dei Paesi». Mancano cioè gli incentivi per convincere gli Stati a quella disciplina di bilancio che la Germania ha chiesto a Spagna e Portogallo.
Tante lacune a cui l’Ue tenterà di porre rimedio nei prossimi giorni. Domani la Commissione presenterà in anticipo le sue proposte per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche degli Stati, oltre a dare il suo parere favorevole all’ adozione dell’euro da parte dell’ Estonia a partire dal primo gennaio 2011. Il 21 maggio, infine, si riunirà la task force presieduta dal presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, per riformare il Patto di Stabilità in modo da prevenire altri deragliamenti come quello della Grecia.
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