Ma la Rai è fuorilegge

Dalla Rassegna stampa

La Commissione parlamentare di vigilanza "vive e lotta insieme a noi". La bicamerale che per legge detta le regole alla concessionaria di servizio pubblico e ne controlla l’operato, dalla scorsa settimana ha ripreso a riunirsi a fari spenti per adottare un atto di indirizzo sui programmi di informazione.
Dopo l’anno sabbatico trascorso in autorevoli seminari e il tempo perso in sterili audizioni, i testi proposti dai due relatori, rigorosamente bipartisan, si differenziano nel volere l’uno - quello del senatore Pdl Butti - una mordacchia per i processi in tv e l’assegnazione di spazi ai partiti in proporzione alla loro consistenza in parlamento; l’altro - quello del senatore del Pd Morri - per sovrapporsi alla deontologia professionale.
Entrambi, invece, evitano di affrontare i nodi che fanno della Rai uno strumento che impedisce agli italiani di conoscere davvero quanto accade nel Paese e alla politica di confrontarsi in maniera utile e democratica.
Il primo problema è il venir meno del rispetto di qualsiasi regola. Accade così che il ministro Romani denunci la violazione da parte di Annozero delle norme del contratto di servizio tra stato e Rai pur sapendo che non esiste alcun contratto, visto che il precedente è scaduto nel dicembre 2009 e non è stato mai rinnovato.
Quando il contratto vigeva, peraltro, la Rai risultava strutturalmente inadempiente agli obblighi previsti, come accertato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a seguito di 49 violazioni a danno di noi radicali.
A questo precipitare senza fondo, la Commissione di vigilanza non ha saputo ne voluto porre un freno. E come avrebbe potuto, visto che per sua responsabilità da più di tre anni sono soppresse le tribune politiche, obbligatorie per legge e requisito minimo di qualsiasi democrazia?
Da qualunque parte la si veda, rimane il fatto che questa Rai fuorilegge produce danni alla tenuta democratica delle istituzioni al pari di quanto il nostro debito pubblico frena il sistema economico.
Sino a quando al popolo italiano saranno nascosti i temi che rappresentano l’agenda reale del paese non c’è alcuna possibilità che il dibattito pubblico esca dalle risse partitocratiche per incanalarsi sul tema delle riforme.
 
Eppure nessuno tra analisti, editorialisti e forze sociali pare dedicarvi la necessaria attenzione.
La stessa Confindustria, i sindacati, dovrebbero essere in prima linea nel pretendere che i cittadini possano conoscere e confrontare le diverse proposte politiche su questioni cruciali come debito pubblico, diritto del lavoro, nuovo welfare e giustizia, la cui bancarotta distrugge milioni di famiglie e blocca lo sviluppo economico.
 
Per restituire legalità e dignità al dibattito pubblico servirebbe che dalla Commissione di vigilanza - che nonostante tutto rimane la sede prevista dall’ordinamento - uscisse un atto di indirizzo chiaro e la cui osservanza possa essere verificabile.
Tre i passaggi chiave. Porre attenzione all’agenda setting, ai temi costantemente cancellati dall’informazione e dall’approfondimento. Oltre a quelli già citati penso alla riforma dello stato, ai diritti umani, all’emigrazione come risorsa, all’ecologia, ai costi dei proibizionismi e dei finanziamenti di partiti e chiese.
 
Definire, poi, quei criteri di concreta attuazione dei principi informativi che la stessa Autorità per le comunicazioni aveva indicato come soluzione necessaria per arginare l’arbitrio di testate giornalistiche e conduttori. Infine, codificare il monitoraggio del numero di ascolti effettivi dei programmi radiotelevisivi, oltre che dei tempi.
Basterebbe questo per misurare seriamente il grado di apertura della Rai alle diverse forze politiche e con esso il nostro tasso di (non) democrazia, evitando che la promozione o la eliminazione di minoranze continui ad essere il metodo per impedire la conoscenza e la lotta sulle grandi questioni sociali.
Di fronte al ragionevole dubbio che istituzioni ed élite se ne occupino, siamo oramai pronti ad investire le giurisdizioni internazionali e i cittadini nella lotta per affermare diritto e democrazia.

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