Ma quale risorgimento?

Dalla Rassegna stampa

Il Financial Times auspica un nuovo "risorgimento" che sarebbe agevolato dalla sconfitta di Silvio Berlusconi, annunciata e auspicata dalla stampa anglosassone ormai da tre lustri pressoché ininterrottamente. Insieme con osservazioni piuttosto ovvie, come l'esigenza di un ricambio e di un rinnovamento delle classi dirigenti, che valgono in tutti i tempi e in tutti i paesi, il quotidiano economico sostiene che "lo stallo politico del paese è stato a lungo di ostacolo alle riforme economiche". In realtà di riforme, da quella del mercato del lavoro a quella delle pensioni, ne sono state approvate parecchie, il che rende piuttosto stravagante la tesi secondo cui questo stallo avrebbe raggiunto "il suo picco" con i governi di Berlusconi.

L'altro aspetto messo in luce dal quotidiano britannico è l'esistenza di "talenti" italiani, rappresentati da Mario Draghi, che potrebbero dar vita a questo famoso "risorgimento" se solo fosse tolto il tappo berlusconiano che blocca tutto. In realtà la carriera di Draghi (uno che tra l'altro la stampa anglosassone ha più volte descritto come uno dei possibili successori del Cav.) non solo non è stata ostacolata ma attivamente sostenuta dal governo, che peraltro ha promosso in vari casi esponenti dell'imprenditoria e della politica anche lontani dal suo orientamento politico, da Roberto Colaninno, l'imprenditore definito "capitano coraggioso" da Massimo D'Alema e poi sostenuto dall'esecutivo nella sua avventura aeronautica, per non parlare dello stesso Luca Cordero di Montezemolo cui fu offerto (e a parole a suo tempo accettato) un incarico ministeriale proprio da Berlusconi, la stessa Emma Bonino e lo stesso Mario Monti (le cui candidature a Commissario europeo, nel 1998 e nel 1994 furono appoggiate proprio dal Cav.). Naturalmente è vero che l'establishment italiano è in gran parte bloccato e autoreferenziale, ma questo è un fenomeno le cui radici risalgono ai tempi dei salotti buoni e alla supplenza bancaria sulle attività industriali, gestita attraverso intrecci inestricabili. Si vede che al Financial Times non sanno che questo establishment autoreferenziale è stato e in parte è uno dei più formidabili avversari di Berlusconi, che già era considerato un outsider come imprenditore.

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