Ma il Pdl vuol vincere o no queste regionali?

La rissa nel centrosinistra sulle candidature regionali oscura le difficoltà nel centrodestra in vista delle prossime consultazioni. I sondaggi danno in vantaggio l’aggregazione berlusconian-leghista ma in molte regioni non ci sono ancora candidati ufficiali, in altre lo scontro è aperto, e spesso dove le candidature sono già definite queste appaiono deboli. Il Pdl ha dovuto cedere alla Lega due presidenze. Nel Veneto si presenterà Luca Zaia, presenzialista ministro dell’Agricoltura, che dovrebbe avere vita facile dopo l’ammorbidimento dell’uscente Galan a cui è stato promesso un ministero. Più difficile il compito di Roberto Cota, capogruppo alla Camera della Lega, che deve battersi contro Mercedes Bresso in una regione in cui il Pdl aveva candidati sulla carta più forti. In Liguria contro Claudio Burlando c’è un ripescaggio. Sandro Biasotti, candidato berlusconiano già sconfitto cinque anni, ritenta la gara perché il centrodestra si è rivelato incapace di tirare fuori un nome nuovo. In Lombardia dovrebbe continuare il regno di Formigoni, che resta l’unico nome nazionale che il Pdl spende in questa campagna elettorale.
Nelle regioni del centro, la destra si è praticamente arresa. Non ha ancora un candidato in Toscana ed è tentata dalla sirena Oliviero Toscani che si presenta alla guida di una lista del partito radicale. In Emilia-Romagna il vincente Vasco Errani dovrà vedersela con un candidato di bandiera, l’ex direttore del Carlino Giancarlo Mazzucca. In Umbria non c’è ancora una designazione e le voci danno in corsa la deputata Luisa Todini assieme con il sindaco di Assisi Claudio Ricci e la capogruppo alla regione Fiammetta Modena. Nelle Marche, regione che spesso Berlusconi ha indicato fra quelle in cui è possibile strappare la presidenza al centrosinistra, non c’è ancora un nome tanto che - come è già avvenuto in Campania e nel Lazio - molti vedrebbero volentieri in corsa il sottosegretario alla protezione civile Bertolaso che più volte ha rifiutato di scendere direttamente in politica.
Scene imbarazzanti anche al Sud. La Campania sulla carta dovrebbe dare una sicura maggioranza al centrodestra ma dopo lo stop alla candidatura di Nicola Cosentino, il sottosegretario inquisito per sospette collusioni con il clan dei Casalesi, regna confusione più totale. In pole position sarebbe il ministro Stefano Caldoro, di antica provenienza socialista, che prevarrebbe sul collega Gianfranco Rotondi, ministro di rito democristiano, e su Gianni Lettieri, esponente della Confindustria locale. Più definita la candidatura calabrese dove il sindaco di Reggio, Giuseppe Scopelliti, sembra destinato alla vittoria in una regione in cui il centrosinistra appare ultra-dilaniato dalla rissa fra quattro contendenti. Casella vuota anche in Basilicata, mentre in Puglia il centrodestra non riesce ad avvantaggiarsi delle liti nel centrosinistra fra Vendola e il Pd dalemiano. Fino a poco tempo fa sembrava lanciato in una corsa solitaria il magistrato dell’antiterrorismo Stefano D’Ambruoso, che tuttora sembra il più favorito, ma sono emerse almeno un paio di candidature interne al Pdl fra cui quella di un ex assessore di Raffaele Fitto, Rocco Palese. A fare concorrenza al centrodestra pugliese ci penserà Adriana Poli Bortone che dopo essere stata fra le possibili scelte del centrosinistra e fra le probabili opzioni del centrodestra ha scelto di correre da sola. Nel Lazio c’è la Polverini che dovrà tuttavia battersi contro una candidata assai insidiosa come Emma Bonino.
Il quadro delle candidature di destra fa emergere alcuni problemi. In primo luogo la maggioranza del Pdl si ritaglia per sé solo le regioni deboli o già sconfitte. In Campania si dovrà affidare a un ex socialista o a un ex democristiano, nel Lazio a una finiana, in Lombardia a un esponente storico di Cl, in Veneto e in Piemonte a due leghisti, in Puglia probabilmente a un esterno. Anche a destra la vocazione maggioritaria cede il passo alla difficile composizione di un difficile puzzle in nome del primato delle alleanze. Colpiscono inoltre le caselle regionali ancora vuote. In qualche caso il centrodestra attende la designazione del centrosinistra per indicare il nome, in altre situazione viene alla luce una grave difficoltà interna. Spesso l’incertezza sul nome del candidato presidente rischia di disperdere il vantaggio iniziale, come nel caso della Campania dove il centrosinistra parte con il grave handicap degli ultimi anni di Bassolino. In altre realtà è messa a dura prova la tenuta e la lealtà nella maggioranza. È il caso del già citato Piemonte, dove la candidatura di Cota ha portato al sacrificio di candidati più titolati del Pdl, e dello stesso Lazio dove la candidata Polverini deve verificare la possibile fronda anti-finiana di una parte del centrodestra e pesare la consistenza di una candidatura finora tutta mediatica.
Le divisioni nel centrodestra hanno inoltre influito nel ritardare le designazioni in Puglia, dove lo scontro fra Mantovano e Fitto ha portato a una situazione di stallo. Forse hanno ragione quelli che al di là dei sondaggi nazionali invitano a tener conto che la battaglia per le regionali si vince sul campo. E sul campo il centrodestra non sta offrendo la scelta migliore.
© 2010 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments