Ma la Chiesa non è il demonio

Dalla Rassegna stampa

La questione dell'Ici che in Italia verrebbe elusa dalla Chiesa cattolica ha dato spunto a Massimo Teodori, che ha insegnato all'Università di Perugia ed è stato deputato radicale, per l'ennesima polemica, netta e senza alcuna sfumatura, sulle ricchezze del Vaticano. Polemica senz'altro legittima, ma punteggiata di errori e soprattutto infondata. Emblematica è la conclusione, a tinte forti come tutto l'articolo: «La storia della chiesa senza scrupoli finanziari non è l'invenzione ideologica di laici anticlericali, ma la semplice lettura delle vicende d'Italia in cui il Vaticano, tramite l'8 per mille (1,2 miliardi di euro), l'obolo di San Pietro, il patrimonio immobiliare e perfino il potere di battere moneta concesso dall'unione europea, è ritenuto lo stato più ricco del mondo». Ma l'autore dell'articolo si sbaglia.

Uno storico, che per di più è stato in Parlamento, dovrebbe infatti sapere bene (e soprattutto tenerne conto quando scrive di questi temi) che lo Stato della Città del Vaticano batte moneta sin dalla sua costituzione nel 1929 con i Patti del Laterano, inseriti nel 1947 a larga maggioranza nella Costituzione repubblicana, e che l'8 per mille riguarda soltanto la Chiesa in Italia e non «il Vaticano». Non grazie a sotterfugi o a scambi inconfessabili di favori, ma per l'accordo di revisione del Concordato tra Italia e Santa Sede che nel 1984 lo riformò radicalmente (e che non fu, come scrive Teodori, semplicemente «rinnovato nel 1985»). Si può discutere fin che si vuole dal punto di vista storico sulla storia d'Italia e sul ruolo dei cattolici e della Santa Sede, ma i rapporti tra Stato e Chiesa sono una realtà che va rispettata nella sua complessità, soprattutto da parte di chi la tratta su media autorevoli e di larga diffusione. E che questi buoni rapporti costruiti nel tempo, e dopo il 1945 attraverso la dialettica democratica, siano positivi per il Paese intero è un fatto riconosciuto da più parti, e che dovrebbe stare a cuore a laici e cattolici, a credenti e non credenti.

Per quanto riguarda la questione dell'Ici, non solo su "Avvenire" ma anche sul sito de "l'Espresso" sono state pubblicate informazioni molto documentate che dimostrano come la Chiesa non sia un'istituzione truffaldina che evade l'Ici. Negli ultimi giorni persino da "la Repubblica" e da "l'Unità" sono venuti commenti pacati che invitano a distinguere e a ragionare. In ogni caso, nonostante l'iniquità di una campagna ostile, alla fine i cattolici non potranno che essere grati a chi li aiutasse a identificare ed eliminare irregolarità ove venissero accertate.

Ricostruzioni fantasiose ed errori caratterizzano poi la parte preponderante dell'articolo, dedicata da Teodori allo Ior. A iniziare «da quella notte di fine anni Sessanta quando Paolo VI incontrò segretamente Michele Sindona», per affidargli niente meno che le finanze vaticane. La notizia, degna di un romanzo d'appendice e francamente implausibile, era stata pubblicata da "Time", ma subito definita «destituita di ogni fondamento» e «pura fantasia» su "L'Osservatore Romano" del 4 dicembre 1969, dispiaciuto «che a cose del genere diano credito pubblicazioni pur serie». A questo esordio pittoresco fa seguito una teoria di affermazioni che non hanno riscontro: per esempio, la fondazione Spellman è stata chiusa da un quarto di secolo. E non è affatto vero che dopo la nomina nel 2009 di un nuovo presidente del consiglio di sovrintendenza, «presentata come una svolta per moralizzare», non vi siano stati effetti. Che al contrario ci sono stati, eccome. Basti ricordare la legge vaticana antiriciclaggio in vigore da quest'anno e la costituzione di un'autorità di vigilanza finanziaria, che ha competenza su tutti gli organismi della Santa Sede e sta lavorando molto seriamente. Insomma, come diceva una fortunata formula, davvero i fatti separati dalle opinioni. Ma nel senso che quelle di Teodori non hanno nulla a che vedere con la realtà.

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