Ma che cosa propongono in concreto i futuristi di Fini?

Ma cos'è, di preciso, che distingue i futuristi dai leghisti e dai berlusconiani? In che senso il loro centrodestra è migliore? È più democratico? Più chic? Più aperto? Più colto? Più educato? È più di sinistra? Come si misura la superiorità dei futuristi sui loro fratelli coltelli (nonché futuri concorrenti elettorali)? Un futurista (non Italo Bocchino, però) è più spiritoso e divertente di Sandro Bondi? O più persuasivo di Fabrizio Cicchitto? Luca Barbareschi è più bello d'Alessandro Sallusti e di Giulio Tremonti? Giulia Cosenza, Chiara Moroni e Giulia Bongiorno, tutte deputate futuriste, sono più giovani e più intelligenti di tutti quei vecchi parrucconi (e parrucchini) nordisti decisi a mettere il sud a stecchetto? È questo che fa la differenza (anzi la differente)? È così che si calcola la diversità tra «noi» e doro», tra futuristi e passatisti?
Sì, qualche differenza c'è, e più o meno la s'intuisce, ma rimane vaga, e spesso da non fidarsene. Se i futuristi, per capirci, vogliono passare per la sinistra del centrodestra (benché fino a ieri l'ex co-fondatore del Popolo della libertà, e oggi fondatore unico di Futuro e libertà, rivendicasse la rappresentanza della destra del centrodestra) siamo tutti autorizzati a dichiararci increduli. Quanto alle altre caratteristiche sbandierate dal nuovo partito, cioè la giovinezza, il futurismo, la primavera di bellezza, rimandano tutte al fascismo, ma persino questa mezza identità, malgrado le origini remotamente (e parzialmente) neofasciste del gruppuscolo parlamentare, non è da prendere sul serio.
Sempre per capirci: sappiamo che cosa sono, o almeno che cosa non sono più, i democratici. Sono ex comunisti ed ex democristiani che hanno dietro le spalle una parte cospicua e grassa della storia nazionale degli ultimi settant'anni; ne sono insieme la sintesi e l'antitesi. Sappiamo chi sono i seguaci del Cavaliere: quella parte dell'elettorato che, a dispetto di tutte le delusioni, continua a pretendere meno tasse e maggiori opportunità. Così come sappiamo chi sono i padani (sappiamo persino che cosa vogliono, cosa che dei democratici e di quasi tutti gli altri, è invece impossibile dire).
Ma dei futuristi non sappiamo nulla. Dobbiamo indovinare. Non ci illumina il loro passato: ex fascisti, ex radicali, persino ex socialisti, giovani, vecchi, uno che si chiama Lamorte, c'è tra loro anche un ex gregario di Leoluca Orlando, che a suo tempo guidò l'Antimafia di Dio (e dei gesuiti) alla conquista di Palermo. Anche il presente del gruppuscolo futurista ci illumina poco: fanno parte della maggioranza, e il cielo confonda chi lo nega, ma sono spesso (anzi, per lo più) d'accordo con l'opposizione, a cominciare da quella più radicale.
Si danno arie da utopisti, ed è forse per questo che il futuro li affascina, almeno a parole (ma francamente preferiamo non parlare del futuro che pretendono d'incarnare: la politica italiana, negli ultimi anni, si è già resa abbastanza ridicola). Non votano né contro né pro. Votano ni. Passeggiano nervosi nel Traslatlantico e rispondono con grandi sospiri alle domande dei giornalisti. Mah, chi lo sa, vedremo. Sembrano altrettanti Principi Amleti che, saggiamente, coltivano il dubbio. Ma la verità è che prosperano nel caos. Non è così che si va in guerra. Persino i Ragazzi della Via Paal avevano una Via Paal da difendere. Ma quando i futuristi, montando in cattedra, dicono di voler difendere lo Stivalone dai barbari leghisti, berlusconiani e tremontisti, che a loro giudizio la vorrebbero liquidare riducendo il sud alla mendicità e facendo del nord una terra d'aguzzini, non si capisce di quale Italia siano i paladini e quali intenzioni abbiano, a parte arraffare qualche serbatoio elettorale lasciato incustodito dai partiti veri.
Anche i voli pindarici della politica, come l'amore di cui rimangono le canzonette, sono cattiva letteratura, ma almeno le canzonette sentimentali banalizzano qualcosa di concreto e a tutti noto. Ma Fini e i suoi di che cosa parlano? Non si sa. Se ne stanno lì e un cattivo paroliere rovescia su di loro nuvole madreperlacee di zucchero filato.
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