Ma per il Cav. Arriverà il soccorso cattolico

Dalla Rassegna stampa

 

Si va a votare o no? Questo è il dilemma, e non lo si può sciogliere ora perché i giochi non sono fatti, anzi sono in pieno svolgimento e non si sa come si concluderanno. Il Pdl ha fissato sulla carta cinque punti: federalismo, giustizia, fisco, Mezzogiorno e sicurezza. E su questi, alla riapertura del Parlamento, il governo chiederà la fiducia. Berlusconi la otterrà perché i finiani di Futuro e libertà non sono contrari ai titoli, semmai lo saranno sui contenuti. Si vedrà, man mano che le scatole vuote delle riforme si riempiranno, fino a che punto il nuovo gruppo è disposto a seguire il premier.
Personalmente prevedo una rottura perché le posizioni di Fini e Berlusconi sono già distanti adesso, figuriamoci quando si tratterà di discutere ed eventualmente approvare, chessò, il processo breve. Ad un certo momento entrerà in scena Casini. Perché? Futuro e libertà ha annunciato di perseguire sulle questioni etiche (testamento biologico, coppie gay, eutanasia) una linea rigorosamente laica e in rotta di collisione con i cattolici. E la Chiesa in qualche modo si sentirà in dovere di intervenire per evitare che la sinistra, con il contributo dei finiani, riesca a introdurre nella legislazione provvedimenti in contrasto con la dottrina.
Suppongo quindi che i cardinali chiameranno a rapporto il leader dell'Udc e gli diranno: bisogna rinforzare la diga cristiana, e solo tu sei in grado di farlo aiutando il centrodestra a bloccare i laicisti. Casini accoglierà l'appello? Probabilmente sì. Altrimenti si troverebbe nella spiacevole situazione di giustificare davanti alle gerarchie e agli elettori una scelta che di fatto favorirebbe gli avversari storici del magistero papale. Mica facile. Se tuttavia l'Udc rifiutasse il sostegno al governo, il premier prima di cedere avrebbe un'altra strada da percorrere: recuperare parlamentari attualmente scontenti della loro collocazione politica e timorosi, in caso di elezioni, di non essere rieletti. Ce ne sono in ogni partito e nel gruppo misto; reclutarne una ventina non sarebbe un'impresa disperata. Dico questo per una ragione. Il Cavaliere non ha interesse a interrompere la legislatura subito, senza aver tentato in ogni maniera di scongiurare il ricorso alle urne, perché i cittadini non hanno voglia di votare, sono infastiditi dalle liti interne alla maggioranza e mobilitarli in assenza di un «casus belli» molto forte (su un fatto ben preciso) comporterebbe il rischio di alimentare l'astensionismo da noia, per usare un eufemismo. Al premier conviene dimostrare di essere animato da volontà ferrea e di non avere colpa alcuna dello sfaldamento della coalizione. Dopo di che, se non riuscisse a rimettere insieme i cocci della maggioranza, allora avrebbe le carte in regola per rivolgersi agli italiani chiedendo loro una prova di pazienza: datemi ancora il vostro consenso.
C'è poi il problema Lega. Bossi fiuta di essere in crescita non solo al Nord, e una competizione elettorale non lo spaventa di sicuro. Ma il suo vero obiettivo è il federalismo fiscale. Se non lo coglie, per lui è un mezzo fallimento e non sarebbe una gran consolazione aumentare il patrimonio dei suffragi. Ciò indurrà il Carroccio ad accettare, sia pure obtorto collo, l'ingresso di Casini nella maggioranza. Questo è lo stato dell'arte. Ovvio però che non si escludono imprevisti, dato il clima. Se lo scioglimento delle Camere, in mancanza di soluzioni di ripiego, fosse indispensabile, in teoria sarebbe possibile votare a dicembre, ma sovrapporre la campagna elettorale al periodo prenatalizio non è opportuno. Gennaio o febbraio? Forse è dettaglio ininfluente.
 

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