Ma al Colle il Cavaliere promette: "Pronto al confronto coi leader di Pd e Udc"

Dalla Rassegna stampa

 

Senza un’agenda precisa con cui riempire i prossimi anni di legislatura, senza soldi per realizzare una significativa riduzione della pressione fiscale, Silvio Berlusconi s’aggrappa alle riforme.  Ne parla al Consiglio dei ministri, dove si presenta di ottimo umore (tanto che a Brunetta, sconfitto a Venezia, rivolge una battuta fulminante: «Meglio, così continuerai a far danni solo a Roma»). Ne discute a lungo anche al Quirinale, in un incontro il primo dopo il burrascoso faccia a faccia sul decreto salva-liste che sancisce il disgelo tra i due presidenti, ma su cui grava l’ombra del rinvio dei legittimo impedimento. 
La strada per le riforme sembra tracciata e il premier annuncia a Napolitano la sua «disponibilità» a incontrare anche i leader del Pd e dell’Udc. E’ chiaro tuttavia che al «dialogo» il Cavaliere crede poco o  punto. «Noi realizzeremo le nostre riforme - ha spiegato ai ministri riuniti a palazzo Chigi-, se poi 
una parte dell’opposizione vorrà condividerle tanto meglio». Berlusconi si attrezza infatti per il referendum, lo dà anzi per scontato, visto che è convinto di approvare le modifiche all’architettura 
dello Stato con i voti della sola maggioranza: lo ha detto in più occasioni durante le riunioni di partito a porte chiuse. Sul Colle tuttavia, alla presenza di Gianni Letta, il premier si mostra conciliante. 
Anche se, come premessa, ci tiene a ricordare al capo dello Stato quali siano i rapporti di forza: «Le regionali dimostrano che il vincitore sono io, abbiamo ottenuto una performance come nessun altro governo europeo, gli italiani ci hanno confermato un enorme consenso popolare». 
Berlusconi anticipa quindi a Napolitano che, di li a poco, respingerà le dimissioni di Raffaele Fitto. E, per cortesia istituzionale, ripristina la pratica del resoconto al capo dello Stato delle ultime missioni all’estero: il Consiglio europeo per salvare la Grecia, il viaggio in Libia con la soluzione del problema dei visti, i contatti avuti con i leader arabi. Napolitano lo ascolta, poi il discorso torna al punto di partenza, alle riforme. «Abbiamo 3 anni davanti senza elezioni e intendo impegnarli - annuncia il Cavaliere - per portare a compimento sia quelle istituzionali sia quelle fiscali. Sono disponibile al confronto con l’opposizione». Il premier informa Napolitano dei prossimi passaggi: martedì l’incontro 
con Bossi, poi quello con Fini; successivamente la convocazione degli organi del Pdl. Lì verrà discussa la bozza che avranno nel frattempo preparato i gruppi parlamentari del partito e sarà quella che verrà offerta all’opposizione, anche se le colombe, come Paolo Bonaiuti, pensano sia più giusto ripartire dalla bozza Violante. E’ a questo punto, con sorpresa di Napolitano, che Berlusconi fa un passo ulteriore e si sbilancia: «Verificherò la possibilità di incontri con i protagonisti dell’opposizione». Non Di Pietro ovviamente, ma Bersani e Casini sì, il Cavaliere potrebbe invitarli a palazzo Chigi. 
Napolitano si compiace del nuovo atteggiamento del Cavaliere, ma conosce bene il suo interlocutore e cerca quindi di fissare qualche paletto. «Quando si parla di riforme di sistema - premette il capo dello Stato -, di interventi che si proiettano oltre la legislatura, il metodo del dialogo, nel rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione, è doveroso. Ma, intendiamoci, le intese vanno cercate per davvero». Il  premier, lascia intendere il presidente della Repubblica, non può cavarsela presentando ai suoi 
avversari un pacchetto "prendere o lasciare". «Servono - insiste soluzioni il più possibile condivise, che vadano al di là della semplice riproposizione delle proprie tesi». Insomma, le intese vanno «costruite», il dialogo va cercato sul serio, disposti anche a cedere qualcosa. Berlusconi promette che la maggioranza  terrà conto delle osservazioni dell’opposizione, ma chiede in cambio una mano all’inquilino del Colle, «visto che finora da parte loro non sono venute altro che critiche distruttive e preconcette». 
L’incontro, durato circa un’ora, è finito. Non si sarebbe parlato del problema che in questo momento sta più a cuore al premier: la legge sul legittimo impedimento, approvata a suon di fiducia e approdata il 10 marzo al Quirinale per la firma. Ieri ai piani alti del Pdl si è sparsa la voce che Napolitano, dopo Pasqua,  avrebbe rinviato alle Camere anche quella (dopo aver rispedito indietro la legge Sacconi). Notizia senza conferme. Dal Quirinale fanno soltanto notare come non esista alcun automatismo tra i due atti: ovvero non è detto, come sperano a palazzo Chigi, che a un rinvio non possa fame seguito un altro a stretto giro. 

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