L'uso del cattolicesimo in versione leghista imbarazza il Vaticano

Dalla Rassegna stampa

Più che zelo cristiano, nell’offensiva della Lega per il croci­fisso nella bandiera tricolore c’è il riflesso della «sindrome svizzera»; e la voglia di catturare voti spaventati più che cat­tolici. Il no elvetico di due giorni fa ai minareti rafforza la voglia del partito di Umberto Bossi di utilizzarlo contro la penetrazione islamica ed in competizione elettorale con gli alleati. Nell’ottica leghista, il cattolicesimo diventa una reli­gione etnica e popolare opposta a «ciò che vogliono le éli­tes », è la tesi del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. È la continuazione di una strategia lucida quanto controversa.

Conferma la «svolta vaticana» del Carroccio dopo una lun­ga fase nella quale la Santa Sede era assimilata al centralismo romano. E rilancia il tentativo di legittimarsi come «partito cristiano». La Lega copre lo spa­zio lasciato da Gianfranco Fini, approdato su posizioni sempre più distanti dal Vaticano. E tie­ne d’occhio l’elettorato atterrito dalle ondate migratorie.

È un’operazione spregiudica­ta, che imbarazza e insieme stiz­zisce il Pdl. All’opposizione l’Udc di Casini, ma non solo, so­stiene quello che gli alleati di Bossi non possono dire: e cioè che il leghismo fomenta la pau­ra dell’islamismo e frena un’in­tegrazione già difficile. Il paradosso è che le stesse gerarchie cattoliche si dissociano dagli applausi dei lumbard al referen­dum svizzero. E l’idea del viceministro Castelli di inserire la croce nel tricolore viene accolta con un imbarazzo evidente.

La Santa Sede teme le guerre di religione: non tanto nel­l’Europa delle comunità musulmane più numerose e meno integrate. A preoccupare sono i possibili contraccolpi nei Pa­esi dell’Oriente islamico e induista, dove si bruciano le chie­se e si perseguitano le minoranze cristiane. Ad un leghismo che vuole importare dalla Svizzera un’altra dose di fobìe e chiusure, la chiesa cattolica contrappone una scelta opposta: sebbene controcorrente e forse più impopolare. D’altronde, a muoverla sono preoccupazioni georeligiose.

Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ritiene scorretto «l'uso strumentale della religione». E l’Osservatore Romano paragona i minareti ai crocifissi. Ridurre la fede a qualcosa di privato, scrive il quotidiano, porta a complicazioni «per i cristiani che vivono in Paesi dove la libertà religiosa è già limitata». Il giudizio stavolta collima con quello di Fini. Per il presidente della Camera, la Svizzera fa «un formidabile rega­lo all’islamismo più eccessivo». Ma la Lega va avanti: capta e dà voce alla paura che è una delle chiavi dei suoi successi.

 

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