Lusi: così ci spartivamo i rimborsi elettorali

Dalla Rassegna stampa

«Non ho rubato per me. I soldi erano spartiti all’interno di un gruppo di persone, ma i leader della Margherita sapevano tutto». È un fiume in piena Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita indagato di aver sottratto 20 milioni dalle casse del partito per suoi usi privati.

Durante l’interrogatorio fiume di ieri - dalle 15.30 alle 22 - vuota il sacco davanti al neo procuratore capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Alberto Caperna e il pm Stefano Pesci su quasi 200 milioni di euro finiti nelle casse del partito come rimborsi elettorali e poi suddivisi tra vari esponenti.

«I vertici erano informati di ogni cosa - insiste Lusi, assistito dall’avvocato Luca Petrucci - e io mi sono accollato anche le spese di altri miei colleghi». Affermazioni che scateneranno sicuramente una bufera politica, dalla quale però non sono esclusi neppure nuovi filoni d’inchiesta penale. La procura, infatti, non solo ha l’obiettivo di verificare se e in che modo sono coinvolti i «leader della Margherita». Ma punta anche a capire come sono stati spesi quei 200 milioni di euro. La procura, del resto, sin dalle prime fasi dell’inchiesta, in collaborazione con la Guardia di Finanza, ha concentrato l’attenzione sull’eventualità che anche qualcun altro della Margherita sapesse dell’appropriazione indebita del senatore Lusi. Possibile che nessuno si fosse accorto di tutti quei milioni di euro spariti nel nulla?

Ieri, la nuova verità di Lusi. Durante il primo interrogatorio, il 14 gennaio scorso, aveva addossato le responsabilità solo di sé, proponendo un patteggiamento e la restituzione immediata di 5 milioni di euro al partito. Stavolta no. Stavolta racconta per filo e per segno il «coinvolgimento dei vertici della Margherita». Il verbale dell’interrogatorio è stato secretato. Trapelano comunque le accuse dell’ex tesoriere. Che cosa gli ha fatto cambiare idea?

Forse l’esposto presentato da Francesco Rutelli? Forse la sensazione di essere scaricato da quei «vertici che avevano ben chiaro il meccanismo di spartizione del denaro»? Luigi Lusi non ha tradito le aspettative che aveva creato con quel fuori onda di «Servizio Pubblico» rilanciato poi dal Tg La7. Dove parlava chiaramente di quei 200 milioni «che ho lasciato nelle casse del partito. Dove sono finiti? Li abbiamo usati tutti per pagare il personale e i telefonini?».

Ieri ha spifferato tutto. «Ho parlato di conti, di tutti i conti. Ho risposto a tutte le domande dei pm. Ora mi sento più sollevato e più sereno». Già appena arrivato in procura, alla domanda dei cronisti se era imbarazzato per le spese folli per i resort extralusso e le cene da nababbo, aveva risposto: «Qualcun altro ha usato le mie carte di credito».

Di fronte ai pm ha dirottato su altri le sue responsabilità. Ha raccontato la verità? O sono solo fantasie? I magistrati hanno definito a definire il suo atteggiamento «predatorio». Qualche esempio? Due ville ai Castelli romani, uno splendido appartamento al centro di Roma e la ristrutturazione faraonica di altre case. Non basta: nell’elenco degli acquisti accertati dalla Guardia di finanza ecco i viaggi in esclusivi resort, pranzi e cene in costosi ristoranti, fine settimana nelle capitali europee. Sempre e solo a spese della Margherita.

Un altro filone delle indagini verte a verificare se Lusi ha trasferito in Canada parte del suo tesoretto o altro denaro per conto di altre persone. È in corso una rogatoria internazionale con le autorità di Toronto per stabilire il reale utilizzo di «Filor Ltd», la società di diritto canadese che l’ex tesoriere della Margherita e sua moglie hanno utilizzato per portare i soldi all’estero. E’ stata la Guardia di Finanza, esaminando i documenti relativi allo scudo fiscale (grazie al quale, nel 2008, la coppia ha fatto rientrare in Italia circa due milioni di euro) a scoprire il ricorso a «Filor Ldt». I vertici del partito sapevano?

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