L'ultimo Cossiga fra Carl Schmitt e Gustave Le Bon

Dalla Rassegna stampa

 

Che cos'è il potere? Francesco Cossiga lo ha spiegato spesso e in varie occasioni perché, più di tanti altri, ha avuto modo di frequentare a lungo il potere. Ha voluto o potuto o saputo viverlo direttamente sulla propria pelle, per molti anni della sua vita. Insomma, prima di lasciare questa vita, il presidente Cossiga ha trovato il tempo di svelare gli arcana imperli in un libro che può essere letto come un lascito del suo pensiero politico, come un congedo rivolto alle nuove generazioni e in cui si ritrova descritto, nel bene e nel male, un modo di essere o di pensare del potere. E lo ha fatto entrando nei meandri di un discorso più vasto e più ambizioso di quanto si possa immaginare. Più di quanto non avesse già fatto in precedenza. Appaiono riflesse in una diversa cornice. Nel libro in questione, infatti, il senatore Cossiga non sfugge alla domanda di partenza e, però, neppure svela i segreti della nostra storia repubblicana ma, piuttosto, mostra alcuni segreti nascosti e insiti nella gestione del potere. E lo fa nel senso pieno, sul piano storico, politico, sociale, alchemico e in quello della natura umana.
Il volume, non a caso, scritto con Andrea Cangini, si intitola Fotti il Potere. Gli arcana della politica e dell'umana natura (Aliberti editore, pp. 303, € 17,00). Nel libro emerge con chiarezza che per Cossiga la politica è un'arte, difficile ma totalizzante e appassionante. Insomma, per il presidente, la politica è «azione pura». È simile a un continuo duello fatto di strategie e tattiche infinite. La politica è una lotta perenne, dove «il potere dovrebbe sempre precedere e mai seguire il sentimento popolare». Del resto, come in uno stagno d'acqua, il potere «si diffonde per anelli concentrici» e, difatti, citando Carl Schmitt, ribadisce che «chi ha accesso diretto al re... partecipa del suo potere». Eppure, proprio sulla scia di questo ragionamento, Cossiga ricorda che la democrazia liberale «si basa sul dissenso e sulla contrapposizione, anche aspra, di opposte ricette, tutte naturalmente volte e ispirate al bene comune!». Nella civiltà anglosassone - asserisce lungo il discorso - «la bugia è un male assoluto» mentre in Italia «chi dice la verità anche a scapito del proprio interesse personale è un fesso, e per questo viene compatito dalla gente; chi mente ottenendo così dei vantaggi personali viene invece considerato un furbo, e in quanto tale stimato». La fotografia scattata da Cossiga è perciò impietosa, ma realistica. E il realismo, infatti, è indicato come la prima e più importante dote che un politico deve avere. Non la ragione e neppure il cinismo, quel che un politico deve coltivare dentro di sé è il senso della realtà, se non vuole trasformarsi in un Don Chisciotte. Per Cossiga, di conseguenza, le sole verità possibili, e forse le più importanti, sono quelle non dette: «Anche la politica ha bisogno di una certa quota di silenzi e zone d'ombra. Di arcana, appunto».
Insomma, in Italia, il vizio è sempre lo stesso: «Si fa ma non si dice», sentenzia. Per dare sostegno alle sue parole, il presidente ricorre anche allo psicologo Gustave Le Bon quando afferma: «La ragione crea la scienza, ma i sentimenti guidano la storia». E che cos'è la televisione, oggi, se non la guida ai sentimenti attraverso l'apparenza, il verosimile e l'immagine? La televisione «è strutturalmente inadatta a comunicare idee o pensieri e ancor di più a spiegarli», l'unica cosa che riesce a fare è trasmettere sentimenti ed emozioni. L'uomo politico può essere un animale di sangue freddo o di sangue caldo, ma per riuscire ad emozionare in tv bisogna ricorrere ai politici della seconda specie. Anche se «avere potere vuol dire essere nelle condizioni di "controllare" la realtà» e, quindi, di controllare le emozioni. Sembra un paradosso, eppure i riferimenti del presidente ad Erasmo da Rotterdam sono proprio a sostegno dei suoi paradossi, che ci aiutano a capire e a comprendere gli arcana imperii.
Cossiga si spinge oltre e tocca, forse, le vette più alte quando mostra di ispirarsi alla massima di Winston Churchill secondo cui «d'abilità politica è l'abilità di prevedere quello che accadrà domani, la prossima settimana, il prossimo mese e l'anno prossimo». Se anche Silvio Berlusconi fallirà, sostiene Cossiga, e il presidente si dice certo che fallirà, «sarà per debolezza, per mancanza di una "visione" e, dunque, per inconcludenza». La politica, d'altro canto, «procede per fasi e quando una fase si conclude i leader politici devono essere lesti nel passare nella fase successiva: chi resta indietro è spacciato. Finito». Del resto, «il vero politico emerge nel momento della difficoltà». Staremo a vedere. D'altra parte, Eugene Ionesco sosteneva che, così come gli animali, «gli uomini politici non sanno di essere mortali». Oggi, la scomparsa di Cossiga ce lo ricorda. E questo suo ultimo libro servirà a renderlo ancora vivo finché avrà la forza di continuare a parlarci.

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