A Los Angeles è partita la crociata anti-marijuana

Dalla Rassegna stampa

A Los Angeles sta per finire la pacchia della marijuana, che è oggi liberamente acquistabile in un migliaio di punti-vendita. Il procuratore distrettuale della contea, Steve Cooley, ha detto infatti che passerà alle maniere forti, incriminando i commercianti che di fatto spacciano l’erba proibita, celandosi dietro la foglia di fico della Proposition 215 del 1996, che rese legale il possesso e la coltivazione della marijuana per i malati e per chi li ha in cura. La norma, «Compassionate Use Act», è stata interpretata dal «mercato» come una sorta di via libera. Lo scopo era di consentire alle persone con gravi disturbi di ottenere lecitamente una dose congrua di «fumo» a fine terapeutico, ma dalla pura finalità medica il passo alla liberalizzazione mascherata è stato però inevitabile, accelerato recentemente dalla posizione assunta dall’amministrazione Obama di non perseguire i pazienti che usano marijuana.
Nel 2003, il Congresso californiano passò anche una misura che dava il permesso «ai malati e ai loro guardiani di coltivare marijuana per scopi medicali collettivamente o in cooperativa», ma senza che ci fosse la finalità del profitto. I dispensari sono spuntati come funghi, in varie città dello stato di Schwarzenegger. Nella sola Los Angeles, le ultime stime raccolte dal Los Angeles Times sono arrivate a contare 966 «farmacie» registrate. In quella che il giornale definisce «l’ultima follia per il commercio al dettaglio», in una sola strada sono state presentate 58 domande di licenza.
Non bastasse, a rendere più smaccata l’illegalità debordante che ora è finita nel mirino delle autorità, un’ordinanza cittadina proibisce che questi negozietti del «pot» possano operare nel raggio di 300 metri da una scuola, da un parco o da una biblioteca: ma almeno in 260 casi i «dispensari» sono spuntati nelle zone proibite. Il municipio aveva già fatto una analisi del fenomeno nel 2007, permettendo a 186 spacci di continuare a funzionare: ma simultaneamente, e nei mesi successivi, diverse altre iniziative di imprenditori, «collettivi» o in «cooperativa», hanno preso la forma di banchetti e negozi sfrontatamente commerciali. In agosto Cooley e lo sceriffo Lee Baca hanno scritto ai sindaci e ai capi delle polizie locali ricordando che le vendite «al banco» sono una pratica illegale, e invitando le municipalità a intervenire per via amministrativa. «La grande, grandissima maggioranza, circa il 100% dei dispensari della Contea di Los Angeles stanno operando illegalmente», hanno detto Cooley e il procuratore della città Carmen Trutanich. «Stanno trattando la marijuana in modo illecito, è tempo di sistemare questo problema».
I due procuratori pensano anche di perseguire i medici che firmano le ricette a gente in realtà sanissima, che è il tassello truffaldino su cui si regge l’intera industria. Ma anche se Coley e Trutanich confidano di aver la legge con loro, e citano in proposito pure una recente sentenza della Corte Suprema restrittiva verso l’uso della «droga curativa», il problema non è di facile soluzione. Innanzitutto, i difensori dell’uso medico dello stupefacente sono agguerriti: «Sono fiducioso nel fatto che Cooley abbia torto», ha detto Joe Elford, capo consulente degli Americani per l’Accesso Sicuro. «Se avesse ragione significherebbe che migliaia di californiani malati, per i quali il Compassionate Use Act era stato concepito non sarebbero più in grado di avere la medicina di cui hanno bisogno». Poi c’è il favore popolare. Centinaia di pazienti e attivisti hanno sfilato per protesta all’esterno del Montebello Country Club, dove erano riuniti 150 magistrati e ufficiali della sezione narcotici, e un sondaggio recente ha rivelato che la maggioranza di californiani, il 56%, è a favore della completa liberalizzazione.
Infine, c’è l’aspetto economico: lo Stato ha incassato 18 milioni di dollari nel 2009 dalle «farmacie» che il procuratore ora vuole chiudere. E la California non è nella condizione di chiudere alcun rubinetto che immetta soldi nelle sue casse esauste. La tentazione della liberalizzazione, che di miliardi ne porterebbe a palate, è forte, e i suoi fautori pensano a un referendum durante le elezioni di fine 2010. Del resto, per aggiungere caos normativo, è di queste settimane la notizia che due aeroporti della California, Oakland e San Francisco, hanno disposto che i pazienti o i loro guardiani possono imbarcarsi con un paio d’etti di marijuana, legittimamente. Sarà però responsabilità loro di sbrigarsela all’arrivo, quando dovranno sperare di trovare la stessa benevolenza californiana.

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