L'Onu: "A Gaza sofferenze inaccettabili"

Dalla Rassegna stampa

 «Il blocco di Gaza impone sofferenze inaccettabili alla popolazione civile palestinese», denuncia il segretario della Nazioni Unite, Ban Ki-Moon in vista nella Striscia soggetta da quasi tre anni ad un embargo soffocante.
L'appello al governo israeliano ad aprire i valichi è ovvio e conseguente. Ma per il momento la
gente di Gaza dovrà accontentarsi di uno spiraglio. Fra le misure offerte da Netanyahu all'Autorità palestinese per far ripartire il processo di pace, c'è il permesso di far entrare nella
Striscia materiale da costruzione sufficiente ad edificare 150 appartamenti. Non è molto, se si considera che gli edifici danneggiati dai bombardamenti scatenati durante l'operazione Piombo fuso si contano a migliaia, molti dei quali completamente rasi al suolo.
Ma il veto, motivato finora con l'argomento che il cemento e il ferro sarebbero serviti ai miliziani di Hamas per costruire bunker e infrastrutture militari, è parzialmente caduto. Arrivato a Gaza qualche giorno dopo l'Alto rappresentante per la Politica Estera dell'Unione europea, Katherine Ashton, Ban è rimasto impressionato dal livello di degrado in cui sono costretti a vivere un milione e mezzo di palestinesi. Una popolazione senza un futuro, ha detto il segretario dell'Onu, riferendosi a quel 50 per cento di abitanti di Gaza che hanno meno di 18 anni e la cui disperazione è facilmente preda dei gruppi più radicali.
Attento a non irritare i governanti israeliani con giudizi definitivi, Ban Ki-Moon ha definito un «errore» il blocco di Gaza. Le Nazioni Unite si aggiungono, dunque, all'Unione europea, e
a gran parte dei Paesi occidentali nel chiedere di alleviare le condizioni della popolazione.
La risposta è agli israeliani. Oggi, tuttavia, s'avvertono i segnali di un clima diverso. Dopo
giorni di crisi diplomatica e di violenze sul terreno (nelle ultime 24 ore quattro giovani palestinesi sono stati uccisi in scontri con i soldati israeliani), la diplomazia sembra ripartire.
A riprova che la crisi tra Stati Uniti e Israele è stata in qualche modo risolta, l'inviato di Obama, George Mitchell, tornato in Israele, ha portato personalmente al premier israeliano l'invito del presidente americano ad incontrarsi domani alla Casa Bianca.
Netanyahu avrebbe infine ceduto su alcune delle condizioni poste dall'Amministrazione americana per risolvere i contrasti, mantenendo fermi altri punti. Nel pacchetto di misure
offerte per invogliare i palestinesi a riprendere il negoziato, oltre allo spiraglio per Gaza, vi sarebbe la liberazione di un certo numero di detenuti e l'accettazione che i colloqui indiretti vertano anche sui principali nodi irrisolti del conflitto (confini, rifugiati, Gerusalemme).
A proposito della città santa, Netanyahu ha detto al Consiglio dei ministri di aver chiarito, per iscritto, agli americani che resta fedele al principio secondo cui, «a Gerusalemme si costruisce come a Tel Aviv», vale a dire, a Ovest e a Est, nella zona ebraica e in quella araba. Ma,
secondo indiscrezioni, è possibile che il premier che abbia raggiunto un accordo riservato con gli americani per rallentare l'espansione nelle aree che i palestinesi rivendicano come parte del loro Stato di la da venire

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