L'obiettivo della stabilità

La crisi italiana si svolge su due livelli. Quello politico fotografa la stasi e l'incertezza e autorizza tutti i timori sul prossimo futuro. Quello istituzionale segnala invece la determinazione di cui ha voluto dar prova il presidente della Repubblica in Germania, quando ha chiuso in faccia al socialdemocratico Steinbrück, reo di aver mancato di rispetto all'Italia.
I l gesto di Napolitano ha un valore sostanziale ma anche simbolico. Sostanziale perché il capo dello Stato ha difeso senza esitazioni la dignità nazionale di fronte a un personaggio non secondario del palcoscenico tedesco, candidato socialdemocratico alla Cancelleria. Simbolico perché il messaggio di Napolitano è chiaro: l'Italia si fa rispettare. Ed è rivolto al partner tedesco, certo, ma anche ai protagonisti della scena politica interna. Il Quirinale fa sapere in definitiva che intende svolgere con decisione, financo con durezza, il proprio ruolo nella soluzione della crisi. Non esistono "clown" nella politica italiana, bensì soggetti tutti egualmente legittimati che devono dar prova di senso di responsabilità, concorrendo al governo del paese.
È quindi opportuno che i partiti «riflettano» in queste ore, ma poi è necessario che si presentino davanti al capo dello Stato con le idee chiare su come intendono garantire la stabilità politica. Questo è il valore ineludibile su cui non si può transigere: il rischio di un vuoto prolungato di potere è infatti altissimo.
A questo punto sappiamo che Napolitano non si tirerà indietro e gestirà la crisi post-elettorale come se egli fosse all'inizio e non alla conclusione del suo settennato. Tuttavia, se ci inoltriamo nei territori della politica, ci rendiamo subito conto del groviglio ancora inestricabile in cui si aggirano vincitori e sconfitti del 25 febbraio. Le "tre grandi minoranze impotenti" di cui ha parlato Michele Ainis per ora restano tali.
L'idea, accarezzata da Bersani e da altri nel Pd, che fosse possibile aprire un negoziato con Grillo e magari arrivare a un accordo in tempi brevi, è durata poche ore. Come era prevedibile, il leader dei Cinque Stelle non ha alcun interesse a farsi fagocitare in una logica tradizionale a pochi giorni dalle elezioni. Tanto meno a votare la fiducia a un governo altrui. Al massimo sarà disponibile a sostenere i provvedimenti che gli piacciono, scelti fior da fiore.
E allora? Nei prossimi giorni il Pd, se vuole mantenere l'iniziativa, dovrà essere molto più realista e coraggioso. Realista perché non può intestardirsi nella ricerca di un'intesa esclusiva con i grillini, in base alla considerazione – espressa da Vendola – che i Cinque Stelle costituiscono in fondo una costola della sinistra. Peraltro la sola ipotesi di un rapido ritorno alle urne sarebbe drammatica. Coraggioso perché una sintesi politica oggi non può ignorare il centrodestra. Bersani ha già detto no alla «grande coalizione», ma si tratta d'intendersi sui termini.
Un accordo in Parlamento su poche riforme essenziali (compresa la modifica della legge elettorale) avrebbe un significato circoscritto nel tempo (un anno?). Ci vuole coraggio, appunto. Ma la «strana maggioranza» con Berlusconi e il "centro" è già esistita, solo che non ha dato risultati sul piano del rinnovamento della politica e delle istituzioni. C'è la capacità oggi di ripetere quell'esperienza, riempiendola però dei contenuti che nel recente passato sono mancati? Lo vedremo presto. È vero, nulla è facile. Né possono essere ignorate le istanze di moralità imposte dal movimento di Grillo. Ma l'esigenza prioritaria, quella su cui il Quirinale è impegnato, consiste nel ricostruire un quadro di stabilità. La sola ipotesi di un rapido ritorno alle urne sarebbe drammatica.
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