Liste, Berlusconi accusa: il Pdl non ha colpe

«Dovrò essere pignolo, chiedo scusa, ho fatto io stesso un'indagine da cui emerge in modo incontrovertibile che...».
Comincia così la conferenza stampa di Silvio Berlusconi. Dal giorno del pasticcio delle liste del Lazio è la prima volta, letteralmente, che ci mette la faccia. La conferenza stampa si svolge nella sede del Pdl, in via dell'Umiltà. Una conferenza in cui il premier «assolve» i suoi uomini, attacca i magistrati, conclude promettendo la vittoria di Renata Polverini: «Daremo una lezione a una sinistra meschina e sleale».
Berlusconi cita le norme, ricostruisce la vicenda, svolge quasi una sceneggiatura del giorno fatidico. Indica i minuti e le ore di quel sabato 27 febbraio, per dire che il Tar e l'ufficio elettorale hanno agito contro la legge e contro la democrazia. Per la sua personale indagine, due giorni fa, ha ascoltato da solo, per due ore, Giorgio Polesi e Alfredo Milioni, i delegati del Pdl a cui è stato impedito - denuncia - di presentare firme e liste del partito.
La prima accusa è contro i Radicali, che hanno «inscenato una gazzarra» per ostacolare i due delegati. Poi arriva quella contro i magistrati che hanno assecondato le proteste del partito di Emma Bonino: il dottor Durante, presidente dell'Ufficio centrale circoscrizionale, nonchè la dottoressa Anna Argento, che «decidevano incredibilmente di escludere» i nostri delegati, facevano valutazioni «prive di ogni fondamento», commettevano «errori marchiani».
Ma è lo stesso capo del governo ad attribuire una valenza relativa a tutto questo. «Ora - aggiunge - debbono prevalere le ragioni della politica», basta «con questo spettacolo di carta bollata, anche se non rinunciamo ai ricorsi».
Riconosce però il Cavaliere che se alla fine la lista del Pdl non venisse riammessa «i nostri avversari godrebbero di un indebito vantaggio e per questo saremmo costretti a raddoppiare i nostri sforzi» per sostenere la vittoria della Polverini.
Per descrivere l'atteggiamento della sinistra in questi giorni Berlusconi ricorda la storia sovietica, i tempi in cui le elezioni si svolgevano senza avversario: «Questa opposizione ha assunto posizioni antidemocratiche che noi mai avremmo cavalcato se fossimo stati nella situazione inversa. In sostanza avrebbero voluto una partita con l'altra squadra chiusa negli spogliatoi e l'arbitro amico. Come nell'Unione sovietica».
Il premier aggiunge che le norme per la presentazione delle liste andranno cambiate e rese omogenee a livello nazionale. E che, alla fine, «ho ceduto alle richieste dei coordinatori e abbiamo deciso di fare una manifestazione il 20 marzo a Roma. Noi di solito non manifestiamo, ma in questo caso ho detto di sì».
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