Lisbona fuori dal bailout un successo per l’Eurozona

Dalla Rassegna stampa

 

L’uscita «pulita» del Portogallo dal programma di aiuti internazionali può segnare un punto di svolta - imprevedibile solo un anno fa - anche per l’Europa. L’ottimismo espresso da Bruxelles e l’apprezzamento manifestato da Wolfgang S chäuble nei confronti di Lisbona fanno capire quanto fosse decisivo il test portoghese per le istituzioni comunitarie e per la linea del rigore voluta dalla Germania. Pedro Passos Coelho ha scelto di non chiedere ulteriore supporto all’Unione europea e al Fondo monetario, rinunciando anche alla linea di credito precauzionale che gli era stata prospettata: «È la decisone che meglio difende i nostri interessi», ha spiegato il premier conservatore annunciando la chiusura dal programma di salvataggio avviato nel maggio del 2011 con il prestito internazionale di 78 miliardi di euro.

Dopo aver superato l’ultimo esame della troika e dopo i risultati più che confortanti ottenuti nella prima asta non protetta dal bailout, Passos Coelho ha deciso di fare a meno della rete di protezione internazionale: «Abbiamo avuto ottime risposte dal mercato, abbiamo fatto enormi progressi nel risanamento di bilancio, abbiamo riconquistato la nostra credibilità. E abbiamo comunque riserve finanziarie che ci garantiscono un anno di tranquillità e protezione da qualsiasi turbolenza», ha detto il leader portoghese, ottenendo il via libera formale dell’Eurogruppo e gli elogi del direttore del Fondo, Christine Lagarde. Il Portogallo è forse il Paese che ha seguito con maggiore applicazione -nonostante le turbolenze politiche interne le indicazioni della Commissione europea e del Fondo. Il governo di Lisbona si è spinto più avanti di ogni altro nell’austerity dimezzando il deficit pubblico dal 9,8% al 4,9% in tre anni (anche se il debito è schizzato al in% del Pil), arrivando nel 2013 al surplus corrente, il primo degli ultimi vent’anni.

Passo Coelho ha seguito la Spagna nella riforma del mercato del lavoro introducendo nuove regole per dare maggiore flessibilità ai contratti e ridurre i costi delle imprese in difficoltà. Ha inoltre portato avanti il piano di privatizzazioni raggiungendo nel 2013 l’obiettivo fissato con Bruxelles per un incasso complessivo di 5,5 miliardi di euro. Un fallimento di Lisbona avrebbe sconfessato, in larga parte, le politiche che la troika Ue-Fmi-Bce ha imposto nel continente dall’inizio della crisi. Anche per questo il presidente della Commissione Ue, il portoghese, José Barroso, ha più volte rimarcato, in questi anni, i progressi del Paese nel ritrovare la stabilità finanziaria e nell’uscire dalla recessione. E il ministro delle Finanze tedesco chäuble ha potuto affermare che «la conclusione del programma di aiuti al Portogallo dimostra ancora una volta la validità del percorso seguito dall’Eurozona: Lisbona ha utilizzato gli aiuti negli ultimi tre anni per attuare riforme profonde e la fiducia dei mercati finanziari è tornata».

I rendimenti sui titoli del debito portoghese sono scesi al 3,6% ai minimi dal 2006 dopo aver superato il 18% nel gennaio del 2012. E la Commissione europea nelle ultime stime diffuse indica per Lisbona una crescita del Pil pari al 2% quest’anno e nel 2015. E tuttavia, le sfide che il Portogallo deve affrontare non saranno meno difficili di quelle che si è lasciato alle spalle. La ripresa sarà abbastanza sostenuta e quindi sarà in grado di far ripartire l’occupazione? «Il mercato del lavoro mostra segni di stabilizzazione e si prevede che il tasso di disoccupazione scenda al 15,4% quest’anno e poi al 14,8% nel 2015», scrive la Commissione Ue. Ma non basteranno dieci anni per tornare ai livelli occupazionali precedenti la crisi. L’export sta trascinando l’economia ma come spiega ancora la Commissione Ue - il Paese è ancora troppo dipendente dai mercati europei. «Persiste inoltre - spiegano all’Fmi - una notevole difficoltà delle piccole e medie imprese ad avere accesso al credito. E questo nonostante le banche siano state ricapitalizzate e si siano stabilizzate le sofferenze». Infine, non sono da trascurare la stabilità e la continuità politica. In Portogallo si vota l’anno prossimo per rinnovare il Parlamento e la campagna elettorale si annuncia carica di tensioni sociali.
 

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