L'interesse nazionale

Dalla Rassegna stampa

Il conclave europeo che stasera a Bruxelles dovrebbe designare il presidente e il «ministro degli esteri» della nuova Ue ha per l'Italia un doppio rilievo. Da un lato perché i volti futuri dell'Unione e la misura delle sue ambizioni non possono lasciare indifferente un Paese fondatore e ancor oggi fortemente europeista come il nostro. Dall'altro perché la candidatura di Massimo D'Alema alla carica di Alto Rappresentante per la politica estera e la difesa, pur rimanendo incerta quanto al suo esito finale, ha fornito fino all'ultimo l'esempio di come governo e opposizione possano trovarsi d'accordo e collaborare quando sono in ballo interessi nazionali. Diciamolo: quando, alla fine di ottobre, Berlusconi annunciò il suo appoggio alla candidatura D'Alema appena spuntata, non pochi pensarono che quella potesse essere l'ennesima astuzia politica di un presidente del Consiglio che in materia non è certo uno sprovveduto. Palazzo Chigi fa la sua bella figura e tende la mano, fu la supposizione dei più sospettosi, ma poi non muoverà un dito a sostegno di D'Alema. Tanto più, veniva fatto osservare, che la nomina dell' esponente del Pd avrebbe comportato la perdita di un vice-presidente della Commissione fedele al Pdl. Ebbene, va riconosciuto e va detto che i sospettosi hanno avuto torto. La posizione del governo è stata sempre, ed è ancora in queste ore decisive, di pieno appoggio alla «candidatura italiana» di Massimo D'Alema. Altri nomi fatti circolare ad arte sono stati rapidamente esclusi. E quando non lo ha detto un Berlusconi piuttosto silenzioso nell' ultimo periodo, è stato il ministro degli esteri Frattini a ribadire in ogni sede che l'Italia ha in D'Alema il suo unico candidato. Di ciò è bene prendere atto prima che le sentenze di Bruxelles facciano scendere il sipario sulla triste vicenda delle nomine previste dal Trattato di Lisbona (una indecorosa rissa nazional-furbesca, più che un processo decisionale comune) . E' bene anticipare l'epilogo e riflettere come se avessimo davanti un fermo-immagine, perché la vicenda della candidatura D'Alema dimostra, mentre la nostra politica interna continua a ribollire di ogni possibile tensione, che la tregua costruttiva è possibile soltanto che lo si voglia e che si identifichino correttamente quegli interessi condivisi che vengono appunto chiamati «nazionali». Non è detto, lo ripetiamo, che la strana coppia D'Alema-Berlusconi raggiunga l'obiettivo. Su un piatto della bilancia pesano l'esperienza dell'ex premier, la sua competenza e persino (visto che contano anche i pareri esterni) la neutralità favorevole dell'America. Sull' altro gravano le sensibilità esterne e orientali della Germania, e soprattutto i suoi calcoli (condivisi con la Francia) per evitare che i portafogli economici della futura Commissione cadano in mani poco amiche. Ma se il successo della candidatura di D'Alema è in bilico, resta e resterà in ogni caso il suo forte messaggio politico: si può fare. La collaborazione bipartisan è possibile anche in Italia. Purché si capisca che i veri interessi nazionali nascono a casa nostra, e soltanto episodicamente si proiettano altrove.

© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK