L'Europa e la lezione dimenticata

Dalla Rassegna stampa

 

I mercati finanziari internazionali sono di nuovo in ebollizione: i titoli di Stato di alcuni Paesi dell’area euro sono trattati come merce avariata, i loro rating declassati, le Borse e i mercati dei cambi ne risentono, e tutto crolla nel panico generale.
Ieri addirittura la Borsa americana ha contribuito a scatenare le paure a causa di un banale errore - un operatore ha scritto «billion» (miliardi) invece di «million» (milioni) che ha causato una perdita del 9%, poi parzialmente recuperata. L’interpretazione di questi fatti appare ovvia: ancora una volta la speculazione finanziaria miete le sue vittime; prima i risparmiatori americani e oggi l’intera economia greca, e forse addirittura una larga parte dell’area euro.
Ebbene, questa interpretazione dei fatti, pur apparendo ovvia, è assolutamente incorretta. Non perché gli speculatori non esistano. Esistono. E sono anche affamati di danaro, così come sono tipicamente rappresentati, dai disegni di Grosz a oggi. Ma non sono gli speculatori la causa dei mali economici di Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e altri.
Più semplicemente, alla radice di quello che sta succedendo sui mercati, sta la seguente considerazione: la Grecia chiede ai mercati (tanto) denaro in prestito, attraverso emissione di titoli e i mercati temono che la Grecia non sia in grado di ripagare i debiti e quindi chiedono di essere ricompensati per il rischio che corrono prestando alla Grecia. Quando compro banane al mercato, se temo che siano marce, chiedo uno sconto. Tutto qui, senza bisogno di immaginare speculatori con la bava alla bocca.
La questione quindi diventa: hanno ragione i mercati a ritenere che la Grecia possa avere difficoltà a ripagare i debiti? La risposta è chiaramente A. La capacità di un Paese di ripagare i debiti dipende da quanti debiti ha, a che ritmo crescono (quanto grande è il deficit), da quanto il sistema politico sia in grado di imporre tasse e tagliare le spese per rientrare dal debiti in futuro, e infine da quali siano le prospettive di crescita economica del Paese, perché una crescita vivace porta introiti fiscali e quindi una riduzione del debito senza impopolari interventi di politica economica.
La Grecia ha un debito pubblico dell’ordine del 120% del Prodotto Interno Lordo, un enorme deficit (oltre il 13% del Pil), un sistema politico inefficiente, un settore pubblico che conta per oltre il 40% dell’economia, una spesa pubblica senza controllo e un forte sindacato che si oppone a ogni taglio di spesa. Inoltre, le prospettive di crescita del Paese sono tristemente molto flebili, in parte proprio a causa dell’inefficienza di politica e settore pubblico.
Nessun Paese in Europa è in condizioni economiche paragonabili. Portogallo, Spagna e Irlanda hanno deficit simili, ma debito inferiore.
L’Italia ha debito simile, ma deficit inferiore. Non è una sorpresa quindi che la crisi sia partita dalla Grecia. Se la crisi si espanderà ad altri Paesi, però, sarà comunque a causa della loro finanza pubblica irresponsabile, nel passato e nel presente. A questo proposito, il fatto che l’emissione di titoli di Stato spagnoli a cinque anni, ieri, sia stata un ragionevole successo fa ben pensare per il breve periodo.
La retorica sugli speculatori cattivi è quindi ipocrita oltre che incorretta: non è un caso che siano sempre i Paesi che più hanno bisogno dei mercati per finanziare le proprie spese a lamentare l’avidità dei mercati stessi, quando questi rifiutano le banane avariate.
Spiace infine osservare che la crisi finanziaria dell’anno scorso nulla abbia insegnato ai responsabili della politica europea. L’intervento, peraltro pasticciato e tardivo, in aiuto alla Grecia ha avuto due effetti, entrambi dannosi. Il primo, quello di convincere i mercati dell’incapacità dell’Europa di garantire l’imposizione di quelle regole, come i parametri di Maastricht, che ne garantiscono l’esistenza stessa. Il secondo, dimostrare che anche i più rigidi governi europei, come la Germania, sono pronti a tutto per le proprie banche, salvo poi lamentarne l’immoralità. Il salvataggio delle banche che hanno irresponsabilmente finanziato il debito greco, portoghese, spagnolo e irlandese (soprattutto banche tedesche e francesi), è infatti il vero obiettivo dell’aiuto alla Grecia.
E così come durante la crisi finanziaria dell’anno scorso, i bilanci delle istituzioni sono pieni di titolitossici. Ogni banca teme che la controparte nasconda una forte esposizione nei confronti dei titoli della Grecia e il
mercato interbancario rischia di incepparsi, con gravissimi danni per l’economia reale. Ieri già le prime avvisaglie in questo senso.

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