Lettera - Il voto è libero. Meglio se anche utile

Dalla Rassegna stampa

Cara Europa, l’articolo di mercoledì del professor Ainis sul Corriere della Sera mi ha lasciato un po’ frastornato. Mi rivolgo a voi perché ho notato che spesso riprendete i suoi articoli e li commentate positivamente. Il professore sostiene che, anche in presenza di una legge elettorale che assicura la bellezza di 350 deputai (su 630) al partito che ha un voto più degli altri, battersi a destra e a sinistra per puntare su due soli cavalli che possano tagliare il traguardo, il Pd e il Pdl, non è un bel vedere, perché l’elettore, che avrebbe votato altro partito, di fronte alla logica di questa alternativa finirebbe con l’esprimere un voto contro: cioè un voto contro il cavallo che non gli piacerebbe vedere arrivar primo. Dunque, un voto contro anziché un voto a favore del cavallo che gli piacerebbe. Problema di etica, forse, ma che c’entra la politica? Umberto Seriani, Milano

Anch’io, caro Seriani, leggo da anni i libri e gli articoli del professor Michele Ainis, il quale talvolta mi ha pure gratificato di qualche riscontro alle sue tesi costituzionali e istituzionali. In realtà, sono io che ringrazio lui per la sua attenzione ai miei commenti, perché imparo ancora qualcosa e verifico, riandando al mio passato, gli errori che ho fatto e qualcosa che ho azzeccato. Stavolta non condivido l’articolo che lei mi segnala: non perché la tesi di Ainis sia strampalata, ma perché attiene soprattutto all’etica, che per me è un a priori rispetto alla politica, ma non fino a paralizzare la nostra decisione politica, come del resto ci ha insegnato Machiavelli, e anche Aristotele.
In pillole: siamo al discorso di Montanelli, laico liberale anticlericale, che al momento del sorpasso del Pci sulla Dc scrisse «Turatevi il naso e votate Dc». Dispiacendo a entrambi, ma favorendo il risultato che, a narici chiuse, gli stava a cuore. Io non ho bisogno di chiudere le narici per votare Pd (auspicando che diventi meno grigio e più liberal), così come in tutta la vita ho votato Pli, anche quando eravamo alla guerra dei mondi, come diceva Montanelli. Qui non siamo alla guerra dei mondi, ma siamo, sì, alla guerra della serietà contro la pagliacciata tragica. E dobbiamo scegliere da cittadini realistici, non da cittadini astrattamente etici. Ricordava Oscar Giannino: per due volte in 48 ore, Berlusconi mi ha chiesto di ritirare la mia lista, altrimenti lui perde in Lombardia.
Non capisce che proprio questo è lo scopo di un liberale come Giannino, in ciò coincidente con lo scopo del liberal Ambrosoli, perché il voto serve a un risultato politico. Il discorso vale, s’intende, anche fuori della Lombardia. Il direttore di Critica Liberale, Enzo Marzo, che detesta da vent’anni sia il pagliaccismo berlusconiano che l’inconcludenza litigiosa della sinistra, e che perciò non ha mai votato, ha lanciato un appello al “voto utile”, al “meno peggio”, insomma al voto per la coalizione Pd-Sel-Psi (anche se la sua preferenza personale non andrà al Pd), per evitare – scrive – una crisi economica irreversibile, il consolidamento del malaffare, le pratiche corrotte e corruttrici, la fine della speranza in uno stato di diritto, la pugnalata alle nuove generazioni. Come vede, il voto è libero, ma se la libertà si concilia con l’utilità è meglio.

 

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