Lettera - I vescovi alla ricerca del partito giusto (per loro)

Dalla Rassegna stampa

 Caro Galletta, uno degli effetti comici, se così si può dire, della confusione con cui ci si avvicina alle prossime, profondamente illegali, elezioni politiche è lo smarrimento delle gerarchie ecclesiastiche. In un primo momento convinti sostenitori dell’agenda Monti, adesso fanno veramente fatica a vedere chi sarà il paladino dei loro dogmi: ma se abbandonano d’un colpo i loro fini e casini (con maiuscole o senza), i vescovi potranno mai tornare a un Berlusconi che annuisce sulle coppie gay (e povere coppie gay che adesso verranno linciate, per colpa sua, dagli antiberlusconiani di ferro)? Potranno mai sperare in un afflato di integralismo cattolico dal partito dei giudici o dai grillini? Forse no, ma il loro vero dramma è un altro: nessuno dei suddetti sembra davvero tirarli per la tonachetta. Tranne forse il Pd, con i suoi ripetuti ammiccamenti alla bontà dei messaggi papali, con la quasi esclusione di Paola Concia dalle liste e con il suo silenzio liturgico su una anche minima ipotesi di alleanza con i Radicali, gli unici che la laicità dello Stato non l’hanno mai nascosta sotto i tappeti per avere le poltrone. Ma i vescovi lo sanno: il cattocomunismo è stato un fallimento. Dovrebbe saperlo anche la Sinistra.

Paolo Izzo

Caro Izzo, siamo proprio sicuri che il cattocomunismo sia stato un fallimento? Non dimentichiamo che da un grande compromesso fra cattolici e comunisti è nata la nostra amata Costituzione. Non soltanto ma il famigerato connubio che spaventa, per molti versi giustamente, ogni liberale che si rispetti, si fonda su non pochi interessanti valori che accomunano cristianesimo e marxismo, tranquillamente sottoscrivibili anche oggi. Se poi lei mi domanda dove sono finite quelle idee, non saprei davvero cosa risponderle.

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