Lettera - Le spese per gli uffici dei senatori

Abbiamo letto l'articolo di Sergio Rizzo dal titolo «Ottantun milioni spesi in 14 anni. Il conto salato per gli uffici dei senatori» (Corriere, 17 aprile). Pur apprezzando l'intento di rigore che lo ha ispirato e pur non volendo e non potendo entrare nel merito dell'intera vicenda, che deve farsi risalire - come da Rizzo ben specificato - a un periodo in cui ogni nostra responsabilità nella Amministrazione del Senato era venuta a cessare, desideriamo integrare le sue informazioni con alcune precisazioni. Il contratto di locazione dell'ex albergo Bologna risale a un'epoca molto anteriore a quella in cui è collocato nell'articolo, che, invece, fa riferimento, piuttosto, alla vicenda del rinnovo del suddetto contratto. In quell'occasione, cioè nel 1997, si trattava di negoziare il rinnovo medesimo a fronte di una richiesta da parte del locatore di un aumento di circa il 100% del canone fino ad allora corrisposto. Dopo una lunga e dura trattativa, che fu condotta principalmente per merito dell'allora vicepresidente sen. avv. Contestabile e dei senatori questori, si riuscì a mantenere inalterato il canone previsto dall'originario contratto e in più si ottenne che il locatore inserisse nel nuovo contratto un'opzione di acquisto a favore del Senato, che è poi quella cui fa riferimento l'articolo e che ha successivamente consentito all'amministrazione alcuni importanti risparmi di spesa. Quella trattativa si inquadrava in una generale politica di contenimento della spesa per il funzionamento dell'assemblea di Palazzo Madama, di cui Rizzo ci ha dato atto in altre sue precedenti inchieste giornalistiche.
Nicola Mancino e Damiano Nocilla
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