Lettera - "Se non cambia, il Pdl è finito"

Dalla Rassegna stampa

Cara Presidente,
ho letto con attenzione la tua lettera e ti ringrazio perché mi dà l’occasione di approfondire con te alcuni temi che mi stanno a cuore: la democrazia nei partiti italiani, la selezione della classe dirigente, le libere scelte degli elettori e il finanziamento della politica.
Ho cominciato ad occuparmene da ragazzino, ai tempi di Mani Pulite e da allora non ho mai smesso. Sono passati vent’anni e il sistema dei partiti li ha sprecati.
Abbiamo assistito a un deterioramento inarrestabile delle istituzioni e alla liquefazione dei partiti come strumento di mediazione tra il corpo elettorale e le istituzioni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e non mi riferisco solo alle ruberie grandi e piccole. I ladri di polli da soli non bastano a minare la democrazia. Quelli sono la conseguenza del male: l’assenza di democrazia e competizione dentro i partiti e non solo, la chiusura a riccio della classe dirigente in un clan che nomina, coopta e premia la fedeltà cieca e la mansueta senescenza. Nessuna competizione, perché si teme l’imprevisto, l’arrivo dell’outsider non governabile, in una parola si ha una paura fottuta del gioco democratico.
La crisi del Pdl viene da lontano. Ma principalmente è causata dall’incapacità di immaginare una transizione dal partito carismatico di Berlusconi a un movimento aperto che crei le condizioni per la successione. Si è scelto più di un anno fa di nominare un segretario, Alfano, ma fin dal primo minuto è partita la macchina del logoramento, un gioco di correnti in cui, alla fine, ha prevalso la linea dura della nomenklatura a caccia del seggio a tutti i costi in un Parlamento che sarà balcanizzato. Credo che Berlusconi - almeno su questo punto - stia aprendo gli occhi. La processione dei questuanti senza merito è già cominciata. Il Pdl, partito chiave della tua maggioranza, se non fa le primarie, se non ritrova uno spirito movimentista, aggiorna le idee e trova la forza di cambiare la classe dirigente, è spacciato. E non sarà un venti per cento alle elezioni a salvarlo. Non è più un problema di numeri. Non essendosi mai interessati di cultura politica, non si sono accorti che la Grande Cancellazione di vent’anni di storia è già cominciata. Quel colpo di spugna che non si fece per il sistema sociale che tenne in piedi il fascismo - e che fu poi uno degli elementi della ricostruzione, riabilitazione e riconciliazione del Paese avviata e realizzata da De Gasperi - si sta compiendo con il berlusconismo. E sarà possibile farlo perché gli ultimi bagliori di quella storia si stanno spegnendo nelle feste da Basso Impero.
Così ora ai pesci piccoli vengono chieste le dimissioni. Mentre nessuno si cura della pinna degli squali. Come se la soluzione fosse mettere a riposo due mezze calzette e non invece l’assenza della politica, delle idee, del confronto libero.
Si sente da lontano il ruggito di un’onda che travolgerà tutto, anche la buona politica. Uno tsunami di cui nessuno in realtà si preoccupa, perché ciò che conta è salvare il posto e far finta di stare nel bunker e aspettare che il bombardamento finisca. Peccato che il nemico sia interno. Non ci sono truppe da combattere là fuori. Tutto si svolge dentro le mura del Castello dove hanno alzato il ponte levatoio per impedire a chiunque abbia una buona idea di entrare. Cara Renata, apprezzo la tua combattività ma, in queste condizioni, è una storia Giunta a termine.

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