Lettera - Gli scontri di sabato a Venezia

La reazione di Venezia all'annuale, e questo sì sempre più stanco e meno partecipato, raduno leghista (Corriere della Sera di ieri) non è mai stata la sola solitaria testimonianza del Tricolore della signora Lucia. Così come avrei personalmente fatto volentieri a meno di un ricovero per il trauma cranico provocato sabato dalle manganellate della polizia. Venezia è, Ugo Savoia la conosce bene, geneticamente estranea e storicamente ostile alla proposta della Lega: città aperta e cosmopolita, rispettosa delle differenze, vocata al meticciato, nel suo glorioso passato e nel suo complicato presente. La manifestazione, promossa sabato da un vasto arco di associazioni, forze politiche e sindacali, da una parte quindi ben radicata in questa città, esprimeva in termini nuovi la domanda di un'alternativa al disastro che la gestione governativa (quindi anche leghista) della crisi ci consegna. La necessità di una risposta, in avanti, alla caduta di consenso che corrisponde al tradimento anche delle legittime aspettative, di federalismo, autogoverno, giustizia sociale per i nuovi ceti produttivi, che la Lega stessa aveva generato. Per paura di queste ragioni il ministro degli Interni Roberto Maroni ha scelto di vietare una manifestazione pacifica. Segnalando come la domanda di cambiamento e quella di democrazia siano oggi nel nostro Paese inseparabili.
Beppe Caccia Consigliere comunale di Venezia
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