Lettera - Santa Regione Lazio

La notizia del cappellano assunto e profumatamente remunerato con i soldi dei cittadini per celebrare la messa, un paio di volte alla settimana, presso la sede della Regione Lazio, non sconvolge più di tanto, anche se dovrebbe. Prima Storace, poi Marrazzo e infine Polverini, in un crescendo di genuflesse prebende, hanno consacrato il Governatorato dell’enclave vaticana al culto cattolico. Fosse almeno servito a far rispettare il settimo comandamento, quei 25mila euro annuali sarebbero stati benedetti. Ma la cronaca giudiziaria ci ha rivelato che un rosario non dà la stessa emozione di una nota spese; né ha fatto smettere a governatori e consiglieri di desiderare la roba d’altri, cioè la nostra. Non ci resta che pregare laicamente per i Radicali, per fortuna riammessi alla corsa per le Elezioni regionali, affinché riportino un po’ di laicità e di trasparenza nello Stato pontificio laziale; glorificando a maggior ragione il loro arrivo a piedi. E non in taxi.
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