Lettera - I Radicali e il voto su Romano

Dalla Rassegna stampa

Non riesco davvero più a capire i Radicali. Non hanno partecipato al voto sulla mozione di sfiducia nei confronti del Ministro per l'Agricoltura Francesco Saverio Romano, promossa da Pd ed Idv. Persino l'Udc, ex partito di provenienza del politico siciliano, ha votato per sfiduciarlo. Doverosa, ammirabile e condivisibile la loro battaglia sulla questione drammatica della condizione carceraria. Ma la legalità e la trasparenza delle istituzioni e della politica, da sempre nel Dna radicale, non comprendono forse anche l'opportunità di allontanare da una carica pubblica un indagato per ipotesi di reato relative a presunto favoreggiamento esterno in associazione mafiosa? Il Senato ha bocciato la loro proposta di amnistia e capisco la loro delusione. Ricordo però che siedono in Parlamento grazie alla candidatura nelle liste del Partito Democratico, che Pannella ora paragona al Pcus, soltanto perché Rosy Bindi, presidente del partito e Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, hanno chiesto spiegazioni e paventato l'ipotesi di espulsione. Ricordo che il radicale Beltrandi votò in primavera contro l'accorpamento di elezioni amministrative e referendum (memoria gente, memoria). Il Pd non è un autobus dal quale salire e scendere a piacimento; non è il tappetino all'ingresso di casa. Romano l'avrebbe fatta franca in ogni caso, grazie alla Lega Nord per il salvataggio di quegli allevatori furbi, morosi sulle multe non pagate per l'eccesso di quote latte prodotte. Ma avrei voluto vedere l'opposizione compatta e con tutte le critiche (spesso strumentali) meritate dal PD, dico che è ora di tirare su la schiena e farsi rispettare. I Radicali, per quanto mi riguarda, la prossima volta possono candidarsi da soli.

Andrea Di Meo

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