Lettera - La negazione della nascita

Un anno fa si liquidò in fretta un articolo del “Journal of Medical Ethics” intitolato «Aborto post-nascita: perché il bambino dovrebbe vivere?», a firma di due bioeticisti italiani che lavorano in Australia, per cui, visto che l’aborto è consentito, dovrebbe essere eticamente possibile anche sopprimere un neonato! Ecco, in questi giorni i due studiosi sono in tournée per l’Italia, sponsorizzati dalla Consulta di Bioetica (sic!), a riproporre la loro agghiacciante tesi: cioè, mettere sullo stesso piano feto e neonato, aborto e infanticidio. Non è strano che, oggi come allora, gli unici a occuparsi della vicenda siano i vescovi… di “Avvenire”. Perché, a guardare bene, quella tesi è assolutamente speculare e complice del pensiero di chi vede embrioni, zigoti, feti come esseri umani a tutti gli effetti. E quindi “crede” e sostiene che l’aborto è un omicidio e le donne che vi ricorrono delle assassine. I due poli apparentemente opposti di Ragione e Fede, vanno in realtà a braccetto, quando si tratta di negare la trasformazione totale che avviene alla nascita. Tra i pochissimi a scontrarsi da sempre con questo duopolio razional-religioso sull’essere umano resta lo psichiatra Massimo Fagioli, che la trasformazione della nascita l’ha teorizzata e che, già un anno fa, ebbe a dire sulla vicenda: «La negazione della nascita umana è un pensiero criminale».
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