Lettera - Il medico sarà l'amico del malato o del tabù?

Dalla Rassegna stampa

Cara Europa, vi segnalo un articolo del professor Umberto Veronesi su La Stampa, "Ho fatto il testamento biologico". Poiché Veronesi è o è stato senatore del Pd, mi sarebbe piaciuto leggere quell'articolo anche su Europa o sull'Unità, giornali che al Pd fanno riferimento. Lo dico non per stupida ambizione di parte, ma "solo" perché vedo scarsissima attenzione del nostro partito per gli uomini di cultura: scienziati (Veronesi, appunto, Marino, Hack, Bonicelli, ecc), filosofi, storici, ricercatori d'ogni tipo. Forse perché sono "vecchi", mentre vanno di moda i "giovani"? O forse perché, in quanto uomini di scienza, sono quasi tutti laici, e la loro presenza farebbe pendere la bilancia da una parte, quella che "non si vuole"?
Umberto Ortis, Torino
Caro Ortis, non risponderò al suo intrigante quesito, perché politica e giornalismo fatti con le
ipotesi non mi piacciono. Così come non mi piacciono (scusi se esco fuori tema) i sedicenti
"tribunali" internazionali con la loro giustizia eterodiretta: vedi Jugoslavia, Iraq, Afghanistan,
e ora anche Libia. Spesso con la loro giustizia si mascherano interessi. La stessa cosa succede
col testamento biologico: un esercito di medici, monache, infermieri legati a cliniche private
o pubbliche da realistici interessi, che sventolano slogan come "La morte non è un diritto".
Infatti, qualcun altro si arroga il diritto di stabilirla per noi.
La ringrazio della segnalazione della Stampa, giornale che leggo quotidianamente anche
da quando il complesso politico-industriale ha messo fuori il direttore Giulio Anselmi e la sua cultura laica e indipendente. Si tratta non di un articolo ma di un brano, come spiega il direttore Calabresi, tratto dal nuovo libro di Veronesi Il diritto di non soffrire, edito da Mondadori: al quale, stia certo, faremo ogni possibile pubblicità. Per me, comunque, non sono cose nuove: seguo le cose per le quali si sono battuti Veronesi, Ignazio Marino e altri scienziati che ammiro, in anni in cui non s'erano ancora stancati di rompersi la testa contro il muro dell'oscurantismo. Così ho scritto anch'io il mio testamento biologico, più o meno con le stesse parole riportate dal giornale torinese, e l'ho consegnato al notaio e a tutti i familiari e ad amici: in modo che, se dovessi trovarmi nella condizione che tanto sollazza i fautori del sondino, contro costoro si possa scatenare in tutte le sedi (giornalistiche, giudiziarie, politiche, professionali) una vera sollevazione. «Io ... nel pieno delle mie facoltà... dispongo quanto segue: in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante chiedo di non essere sottoposto a nessun trattamento terapeutico o di sostegno (nutrizione e idratazione)... Queste mie volontà dovranno essere assolutamente rispettate dai medici che si prenderanno cura di me...».
La legge Calabrò, votata al senato e affrontata da lunedì alla camera con modifiche introdotte dal relatore Di Virgilio, è stata concepita proprio con l'intenzione di ultraclericali, postfascisti, transfughi radicali e liberisti, per vanificare questa volontà mia e di altri cittadini come me, tutelata dalla Costituzione: alla quale i nostri legislatori renderanno conto prima ancora che ai familiari, amici, partiti e forze di riferimento delle persone che venissero impalate e martirizzate con sondini e tubi di stato, da preti e medici devoti. Come ha scritto un uomo molto lontano dalle mie idee e dalla mia storia personale, Emanuele Macaluso, sul Mattino di ieri: «Nel 150° anniversario dell'unità d'Italia, il governo del bunga bunga è il più clericale della storia d'Italia e Berlusconi vuol far approvare una vergogna di biotestamento. La mia solidarietà va a Pannella, ma il Pd cosa fa?». Gli rispondo che nel Pd, partito plurale e non padronale, ognuno segue la sua cultura che l'ha portato al Pd. Quanto ai cattolici progressisti, la loro linea è stata espressa su queste colonne (spero lei abbia letto l'articolo) da Pier Luigi Castagnetti, a conferma che avevano ragione quei cattolici e quei liberali che nel Risorgimento provarono a collaborare per fare l'Italia, contro la volontà di Pio IX e dei reazionari.

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