Lettera - Kafka nel ventre

Dalla Rassegna stampa

Una mattina destandomi da sogni inquieti, mi ritrovai trasformato in un enorme embrione umano. Non potendo pensare, furono altri a farlo per me. Prima di tutto affermando senza dubbio che ero già una persona e che come tale godevo di più diritti della donna in cui mi trovavo. Poi, per legittimare questa sentenza, cominciarono a fare esperimenti sugli animali: dalla pecora decisero che sognavo, dai moscerini decisero che avrei saputo volare, ma poi si corressero e dissero solo che avrei ronzato inutilmente. Da scimpanzé e topi derivarono che mi sarei ammalato di mente appena nato e per evitare la possibilità che ciò non avvenisse, mi marchiarono con il peccato originale già mentre me ne stavo lì tranquillo, nel mio stato… embrionale. Asserirono con certezza che ascoltavo la musica, che mi ubriacavo o mi drogavo se lo faceva la mia genitrice e infine proclamarono che stavo già imparando a parlare, proprio lì, nel ventre che mi conteneva perché – dissero – in principio era il verbo… Quando mi accorsi che era tutto un incubo, riuscii a riaddormentarmi, finalmente essere umano.

 

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