Lettera - La fissazione di Follini

Caro direttore, chiedo ospitalità per rispondere a Marco Follini (Europa del 12 giugno). Chi conosce Marco Follini sa che è una persona equilibrata, dai comportamenti signorili anche se a volte un po’ schematici. Non un gesto, non una parola fuori posto, dà l’impressione di non lasciare nulla al caso, quasi ritenesse di sacrificare la spontaneità al calcolo.
Ma, nonostante il doppiopetto che simbolicamente indossa ogni giorno, anche Follini ha una fissazione che lo insegue (o lo perseguita) da anni: Antonio Di Pietro e l’Italia dei valori. Non perde occasione, qualsiasi giornale gli dia spazio, per prendersela con Di Pietro e l’Idv. E ieri, dalle colonne del suo giornale ha ribadito che le primarie d’autunno porteranno a sbarcare finalmente (rectius: per lui anche definitivamente) Di Pietro e a far salire a bordo della nave Pd una parte significativa dell’area moderata. Le teorie di Follini non sono nuove e, in verità, fino ad oggi sono rimaste inascoltate dai dirigenti del suo partito e dagli elettori, se è vero che, in regioni, province e comuni, Pd, Idv e Sel (non da ultimo le recenti amministrative) governano insieme e danno stabilità ai governi locali.
A Marco Follini mi permetto di segnalare come, a mio avviso, il Pd sembra aver perso il suo formidabile appeal originario perché non esce da alcune contraddizioni di fondo. Sia pur senza ideologismi fuori dalla storia, esistono una politica di destra – conservatrice – ed una di sinistra – riformista – che si misurano sulle politiche europee, sullo stato sociale, sui diritti delle coppie di fatto e degli omosessuali, sull’immigrazione, sulla lotta alla corruzione e all’evasione, sulla tutela dei lavoratori e sugli incentivi alle imprese, sulle forme di stato e sulle relative riforme, sulla laicità dello stato, sulla scuola pubblica.
Così come si sono misurate sul referendum per l’acqua pubblica, contro il nucleare e per l’abrogazione del legittimo impedimento, con l’esito plebiscitario che val la pena ricordare. Né più né meno. Primarie? Ma certo, capendo però chi partecipa e per quale progetto da presentare agli elettori. Tutto il resto è clamorosamente démodé, puzza di stantio e, soprattutto, non fa vedere scenari chiari, ma solo voglia di compromesso e, con buona pace di Follini, di inciuci istituzionali.
Se il progetto di Follini è lo stesso di Bersani, non è il nostro perché caratterizzato da confusione, da pasticci difficili da spiegare ai cittadini che oggi vogliono capire le posizioni di ciascun partito per poi votarlo o meno. Il politichese che, pur con maestria, parla spesso, non è nemmeno un’utile esercitazione retorica, ma il solito modo di comunicare per non far capire quello che c’è sotto. La diversa politica (non chiamiamola antipolitica) è il rigetto di una malapolitica che assolve Milanese, Cosentino, Tedesco, De Gregorio, che non fissa un limite dei mandati parlamentari, che non combatte i corrotti, che non dichiara guerra agli evasori, che fabbrica inceneritori, che non combatte la precarietà, che taglia i diritti dei lavoratori e via di seguito.
Per questo l’Idv da mesi chiede chiarezza, senza insultare nessuno, ma parlando in modo chiaro e forse scomodo. E quanto sosteniamo da tempo, lo leggo in una nota di Federico Orlando pubblicata proprio sul suo giornale lo stesso giorno dell’editoriale di Follini, il quale sostiene che il centrosinistra deve definire il programma, perché sui programmi si fanno le coalizioni e nelle coalizioni si celebrano le primarie. Privilegiando su tutto merito e pulizia morale. Banale? No, semplice e condiviso buon senso se davvero vogliamo dare speranze di futuro a questa nostra straordinaria Italia.
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