Lettera - Dimenticare Salerno (e la Liberazione)

Ho dovuto assumere il ruolo di presidente (facente funzione)' dell'Associazione Combattenti della Guerra di Liberazione (nel 1944-'45 ero stato ufficiale italiano di collegamento con l'8a armata britannica). Ora devo chiedere a te e ai tuoi colleghi di impedire che i modesti contributi annuali all'intera Confederazione delle Associazioni Militari e Partigiane (che include le famiglie dei Caduti, Dispersi, prigionieri, vittime delle persecuzioni fasciste) vengano soppressi. Tutto ciò alla vigilia del 70° anniversario della Guerra di Liberazione.
Amb. Alessandro Cortese de Bosis
Ho dovuto indicare nome e titolo dello scrivente perché questa lettera è un documento. È vero che stiamo attraversando un periodo tempestoso di tagli profondi e di drastiche, a volte crudeli, soppressioni di fondi. Qui, però, purtroppo, piove sul bagnato. Non solo si tratta di cifre piccolissime (che infatti non remunerano nessuno, ma servono a tenere in vita un po' di memoria in un periodo di fascismo rampante) ma erano già in continua diminuzione come se la scomparsa di molti testimoni e partecipanti diretti fosse una buona ragione (invece del contrario) per lasciar perdere. Per fortuna l'associazione Combattenti della Guerra di Liberazione è in buone mani (De Bosis, la stessa famiglia del giovane pilota che, in pieno fascismo, ha sorvolato il Quirinale e ha inondato Roma di manifestini antifascisti, prima di inabissarsi in mare). Ma il taglio totale di ogni legame fra questo Stato e la sua Liberazione sarebbe un brutto segnale. Proprio mentre arrivano documenti sempre più precisi (anche scientificamente) sulla "continuità dello Stato" fra il fascismo e il dopo fascismo. Un'antica ossessione di Marco Pannella, che ha sempre insistito sulla mancanza di tagli netti e di comportamenti opposti nel corpo profondo dello Stato, uno Stato che sembra non avere notato il passaggio di soldati e partigiani della libertà e l'immenso accumulo di vittime con i quali ci si sarebbe dovuti confrontare, trova adesso una straordinaria documentazione nel libro "Baroni dí Razza" (di Barbara Raggi, prefazione di Pasquale Chessa, Editori Internazionali Riuniti) in cui l'autrice racconta, e dimostra, che la parte migliore della carriera di grandi personaggi chiave del fascismo, come quella di Gaetano Azzariti, di Nicola Pende, di Giacomo Acerbo (rispettivamente Tribunali Speciali, Manifesto della Razza, legge elettorale fascista, ma anche secondo manifesto della Razza, con discreta approvazione del Vaticano) sono avvenuti nel dopo fascismo, nello Stato liberato da quei soldati e partigiani di cui ci parla la lettera. I "Baroni" fascisti hanno attraversato le frontiere della Storia, hanno avuto cattedre, presidenze, medaglie, onori dallo Stato dopo il 1945, e sono usciti di scena celebrati come grandi italiani. Raccomando alle commissioni Difesa del Parlamento (Camera e Senato) di tenere ben presente l'appello di Cortese de Bosis e di accostarsi al libro-documento della Raggi (e alla prefazione-guida di Chessa) prima di abbandonare del tutto senza risorse ciò che resta del solo spezzone di recente passato italiano di cui si può essere orgogliosi.
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