Lettera - Contributi liberali a referendum e nuovo Pd

Cara Europa, con l'eclatante successo della raccolta delle firme per il referendum abrogativo della legge elettorale si respira davvero "aria di '93", l'anno della vittoria dei quesiti del referendum Segni che «aprirono la strada al sistema tendenzialmente maggioritario e che politicamente sancirono la fine della Prima repubblica», come ha scritto Mario Lavia su Europa nell'editoriale di sabato. Quel referendum di 18 anni fa, giova ricordarlo, fu voluto e sostenuto alla grande dal Giornale Nuovo, che raccolse le firme nelle sue sedi di Milano e Roma (come ha poi fatto Europa nella sede in via di Ripetta per il referendum Parisi) e da Controcorrente giovani, l'associazione dei giovani lettori del quotidiano montanelliano, che in alcune città come Milano, Roma e Taranto furono tra i più attivi nell'intera campagna referendaria. E anche oggi come allora, un significativo apporto al referendum è venuto dalla cultura liberale e liberal, come, per esempio, le quasi 60 mila firme raccolte dal Pli, menzionato tra i promotori da Fabrizia Bagozzi nella pagina News Analysis, che ha schierato il suo presidente del consiglio nazionale Enzo Palumbo nel comitato promotore presieduto dall'onorevole Parisi. «Una cifra che è stata accolta con grande soddisfazione dallo stesso comitato», come si legge sul sito rivoluzione-liberale.it. Una cifra raggiunta da una forza politica di opposizione che si fonda su quella "religione della libertà" che, dice Croce, «è una religione critica, che della critica si alimenta e si rafforza, e con la critica si difende e protegge, e tende alla pura verità e gioisce nel possederla». E che rappresenta quindi il fondamento di una delle «grandi culture immanentistiche e secolari nelle quali il centrosinistra deve dire se si riconosce o no», come tu hai criticamente invocato su Europa di sabato.
Ignazio Monaco, Taranto
Caro Ignazio, ti ringrazio per il richiamo agli articoli di Lavia e Bagozzi sul significato e sulle prospettive del referendum elettorale; e al mio, sull'esigenza che, dopo le intenzioni onestamente esposte dal cardinal Bagnasco sul movimento-rete-partito cattolico, il centrosinistra e meglio il Pd dica chiaro e tondo se nelle sue culture riformiste c'è spazio anche per noi liberali o se dobbiamo guardare da altre parti, sempre nell'orizzonte del centrosinistra: come mi sembra faccia tu, citando e valorizzando il contributo alla raccolta delle firme, dato dal risorto Pli di Enzo Palumbo, che fu senatore del partito liberale prima che, per colpa di pochi masnadieri, anch'esso venisse travolto da tangentopoli. Vedo che fremiti di risveglio laico corrono ormai perfino nel partito dell'opportunismo clericale, intendo quello di Berlusconi, che non ha alcuna cultura, ma ha il senso del potere e degli affari e contratta voti di scambio con la gerarchia: soldi alle opere dei religiosi e voti a favore del partito di governo. Avrai letto ieri l'intervista a La Stampa del senatore Vizzini, che fu segretario del Psdi, il partito socialdemocratico, anch'esso risorgente dalle ceneri di tangentopoli. Vizzini, passato al Pdl e ora presidente della commissione affari costituzionali del senato, dichiara così il suo malessere: «Da laico, non condivido le proposte (del Pdl) sul testamento biologico. Non è possibile approvare una legge sull'omofobia. Forza Italia era una grande stanza con tante finestre aperte in cui confluirono le culture politiche che hanno fatto dell'Italia una grande potenza mondiale. C'erano pure i radicali di Pannella». Ma oggi Forza Italia-Pdl è in mano ai sacrestani Calabrò, Quagliariello, Gasparri, proni al fondamentalismo islamico della Roccella, e di altri/altre che hanno fatto del Pdl un partito - dice il senatore - «troppo confessionale». E aggiunge: «Io al modello Ppe versione Cl non ci sto». E prevede che il Pdl imploderà. Eguale previsione fa per il Pd. Noi, naturalmente, facciamo corna: ma è ovvio che se nel Pd gli spiriti clericali dovessero prevalere sulle idee liberali, l'implosione colpirebbe anche noi.
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