Lettera - Ci fa bene fare i conti con gli sguardi dall'esterno

Dalla Rassegna stampa

Gentile Direttore, ho letto con interesse che cosa pensano di noi i corrispondenti stranieri che avete ospitato nella sede della Stampa. Al di là dei complimenti che quasi ognuno di loro ci fa - e che in un momento come questo fanno anche piacere - mi ha stupito come in molti rilevino la nostra «mentalità individualistica e anarchica» e «la deliziosa assenza delle regole e dell’ordine».
Ma le parole che più mi hanno rattristato sono quelle che ha riportato la giornalista della Neue Zuercher Zeitung: «Ci si chiedeva perché mai gli italiani, così fieri e orgogliosi, hanno accettato i continui soprusi e le prese in giro da parte dei politici di turno senza ribellarsi, alle urne o per strada».
Ecco, Direttore, lei che cosa ha risposto (o risponderebbe), alla collega svizzera?
M.G.

Avere ospitato alla Stampa un così nutrito gruppo di corrispondenti di giornali e televisioni straniere mi ha aiutato a capire qual è la percezione che di noi italiani si ha oggi nel resto del mondo. Se dovessi sintetizzare tutto in una parola non c’è dubbio che sarebbe: paura, o perlomeno apprensione.
Un tempo gli inviati stranieri amavano descrivere le cose più piacevoli dell’Italia o scherzare sui nostri difetti, oggi invece li ho trovati molto più critici e severi. Penso che questo sia conseguenza di un mondo globalizzato e della moneta unica, dove gli errori di un singolo Paese creano un danno anche agli altri.
La prima reazione di fronte ai richiami e alle critiche che vengono da fuori, così come davanti ai giudizi emessi dalle agenzie di rating, sembra essere di fastidio e di stizza, ma faremmo bene a fare i conti con gli sguardi esterni e a interrogarci su quanto abbiano ragione e su come possiamo imparare a essere affidabili e credibili.
 

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