Lettera - Il caso Formigoni

Caro Colombo, ma se Formigoni ha truccato le liste e ha fatto eleggere illegalmente la Minetti, come mai nessuno fa una piega?
Fiorenza
Ci sono classici modelli nella storia del "giallo" ovvero del genere poliziesco-giudiziario della narrativa. In uno, il più tradizionale, solo l’autore conosce la trama e il colpevole è in grado di tenere i lettori con il fiato sospeso fino alla fine. L’altro è più moderno, nato con Hitchcock, organizza il gioco in modo che tutti noi, lettori e protagonisti dell’avventura, sappiamo chi è il colpevole, tutti tranne l’investigatore. In questo caso lo tensione consiste nel seguire lo sforzo di chi ancora non è arrivato dove sono già in attesa i lettori. Da poco esiste un tipo nuovo di thriller: c’è il reato, c’è il colpevole, c’è, persino una denuncia accurata, documentata e pubblica, ma non accade niente. Direte che in questo caso non c’è storia. E invece c’è, è un fior di storia e sta svolgendosi tuttora nella attivissima città di Milano, dove non mancano né gli investigatori né i giudici. La storia in questione e stata rivelata al pubblico da Marco Cappato, non per il divertimento insano di privare i lettori dei quotidiani e gli spettatori della televisione del divertimento di scoprire a poco a poco e da soli la fine. No, Cappato, dirigente politico del Partito Radicale, ha visto compiersi una violazione della legge elettorale a Milano, sotto gli occhi di tutti, nelle ultime ore che hanno preceduto le ultime elezioni regionali. E ha pensato bene di farlo sapere subito per evitare un broglio, un falso e il rischio di votazioni nulle. In altre parole, il politico perbene ha prevalso sul narratore avventuroso. La mossa non è stata apprezzata. Forse Milano è popolata di giallisti che non vogliono sapere la fine di della storia prima del tempo. Ma nella narrazione, provata e senza suspense di quel pessimo narratore di Cappato la vicenda si è svolta così. C’e un candidato governatore, certo Formigoni, un uomo pio e religioso tutto d’un pezzo, che è costretto a falsificare un bel po’ di firme nei listini di candidati che lo sostengono. Come se non bastasse, l’uomo di Dio deve anche fermare le macchine per fare entrare nelle liste una certa Minetti, a quanto pare raccomandata dall’alto (quale sarà "l’alto" per un credente come Formigoni?) fuori tempo massimo. Ricapitoliamo. Questa è una storia che sanno tutti. Poiché tutto è avvenuto fuori dalla legge e anzi contro la legge, ti immagini che i partiti che hanno perso quelle elezioni facciano fuoco e fiamme per valersi di quella denuncia. Sarà magari un racconto senza suspense, ma certo è una bella denuncia. Non ci crederete ma non succede niente. Formigoni diventa e resta governatore con tutte le sue liste false o truccate. La Minetti diventa consigliere regionale, a suo modo prominente, tanto è vero che, poco dopo, compare come protagonista in una storia di signore in visita ad Arcore (ripetuta e investigata, questa volta, dalla magistratura, a causa della particolare natura e organizzazione di quelle visite e del ruolo della predetta, Minetti, munita di un ruolo politico che, stando alla legge, non avrebbe dovuto avere). Alla fine noi, il pubblico, ci troviamo con un narratore noioso che non ci lascia neppure un po’ di intrigo, delle autorità distratte che non vedono e non sanno, dei giudici che non raccolgono, dei partiti a cui sembra che vada a pennello la sconfitta che, senza liste illegali e fuori tempo, sarebbe stata una vittoria. Mentre riassumo, mi accorgo che mi sono sbagliato a proposito della storia e del suo insistente narratore. C’è trucco, c’è intrigo e il colpevole resta sul trono. Forse è una vicenda a cui dovrebbe prestare attenzione un bravo editore e farne, magari, un "instant book". Vuoi vedere che entra nella lista dei più venduti?
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