Lettera - Il brutto sogno dell'uccellino straniero

Una mattina destandomi da sogni inquieti… mi ritrovai in una enorme voliera immonda, che aveva foggia di cupola: bianchi pennuti cinguettavano parole in ogni dove. In realtà, mi accorsi dopo, era un solo uccellino, con una strana papalina da notte sulla testa e un accento straniero. Il suono del suo cinguettio partiva in falsetto, ma si amplificava in ogni direzione, come fosse trasmesso da tutti i telegiornali e venisse trascritto su tutti i giornali. E la gabbia in cui ero rinchiuso insieme a lui era ben più stretta di quanto avessi pensato aprendo gli occhi, quasi soffocante: forse per tener fuori i milioni di segugi di quell’innocente uccellino gracchiante. D’improvviso, magari per consolarmi, mi confidò di non essere segugio di nessuno, lui. Anzi, di esserlo soltanto di se stesso, ma moltiplicato in sette lingue. “Sono uno e settuplo” cinguettò infine, prima di volare via dalla gabbia e andare a dire le solite cose fuori dal tempo contro aborto, eutanasia e gay. Lasciandomi lì recluso. Ma finalmente solo.
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