Lettera - Attacco alle donne

Dalla Rassegna stampa

Il governo, le forze economiche e politiche hanno perpetrato o stanno cercando di mettere in atto una quantità di nefandezze: attacchi alla Costituzione, all'informazione, al Wellfare, ai contratti, all'ambiente, alla cultura, al vivere civile. Con manovre finanziarie gravissime ed inique stanno rubando ai cittadini il loro futuro. Nonostante un'opposizione tanto esangue da dubitare della sua esistenza in vita, con un sindacato in condizioni gravissime ed un'indifferenza ed acquiescenza molto estese, tuttavia c'è resistenza e (a volte) dei sussulti di ribellione per tutti questi orrori. Su un aspetto invece c'è silenzio quando non piena condivisione: sull'innalzamento dell'età pensionistica per le donne del pubblico impiego. Eppure con questo provvedimento di un'iniquità inedita - uno scalone unico di cinque anni - di una disparità di trattamento fino a poco fa impensabile, in piena violazione di ogni diritto acquisito, si va a colpire una parte della società già debole per proprio conto: l'occupazione femminile in Italia è la più bassa dell'Unione europea, sicuramente la peggio pagata. Le donne sono rappresentate poco e male in Parlamento e nei partiti. In ogni campo c'è, per ammissione di tutti, una disparità profonda. E allora come si va verso la parità dei diritti? Rendendo l'età pensionabile nel pubblico impiego uguale a quella degli uomini. Ricordo che fino ad adesso c'era la possibilità per le donne di andare in pensione a 60 anni, non l'obbligo, e che tale scelta veniva pagata con una pensione spesso risibile. Il problema della disparità di trattamento fu sollevato da questo stesso governo anni fa, e la Bonino si è fatta portavoce di questa battaglia (lei parlamentare, quindi lavoro non usurante e ben pagato). Si metteranno le mani sui contributi delle donne, non potremo usufruire del nostro tfr, sempre meno giovani entreranno nelle amministrazioni. Io ho 58 anni, dovrò restare a lavoro fino a 65, anzi 66. Sono un'insegnante di asilo nido. Non sarà facile. E penso allo Stato che non c'era quando mi sono comprata una casa minima indebitandomi per anni, quando ho cresciuto mio figlio da sola e ho assistito mia madre malata senza un aiuto, alle tasse che, giustamente, ho pagato fino all'ultimo centesimo anche quando vedevo che erano inique e sproporzionate. Adesso dovrò cambiare i miei progetti, sperare che il mio fisico mi consenta di continuare un lavoro così usurante, e augurarmi di continuare a trovarlo così bello. Chi devo ringraziare? Brunetta che con la sua campagna di denigrazione del pubblico impiego ha reso accettabile anzi auspicabile tutto questo? La Bonino che di fronte a 150 infrazioni italiane alle leggi europee ritiene proprio questa inaccettabile? La sinistra che ha detto così poco? Il sindacato che non ha più forza? La stampa, che ha dato per scontato che fosse una misura giusta? Mi viene da pensare che tutto questo rumorosissimo silenzio nasce dal fatto che questa misura riguarda le donne. Sono quelle donne che in Italia sembra che abbiano gli stessi diritti degli uomini, ma quella in cui viviamo è una società, un potere, un pensiero che le donne non le vede proprio, se non per usarle e sfruttarle, per permettere loro di fare i lavori che gli uomini non fanno perché mal pagati, non considerati socialmente prestigiosi, e che non casualmente sono i lavori che si rivolgono ai bambini, ai vecchi, ai disabili: insegnanti di nido e di scuola d'infanzia, maestre, insegnanti di scuola media, educatrici. E parlo evidentemente solo del pubblico impiego. La cosa poi più drammatica in tutto questo è che le donne stesse paiono condividere queste misure così punitive, tanto che non si è sentita una protesta, che non è stata organizzata nessuna mobilitazione. Mi piacerebbe che ci fosse un approfondimento, perché non voglio farmi prendere dalla rabbia.

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