L'errore di Formigoni

Dalla Rassegna stampa

L'arroganza del potere non sempre paga. Un'asserzione che si attaglia perfettamente allo spettacolo indecoroso delle presunte irregolarità nella presentazione delle liste di Formigoni.
Tutto questo poteva essere evitato con la nuova legge elettorale regionale, ma non se ne è fatto nulla. Perché? Bastano due righe di cronaca per spiegarlo.
Anno 2007, la regione non riesce a portare in porto la riforma dello statuto dopo anni di infruttuosa esperienza di una commissione speciale guidata da Forza Italia. La Corte costituzionale emette una pronuncia nettissima in merito ai "rischi particolarmente gravi sul piano della funzionalità e della legalità sostanziale" che la regione avrebbe corso con un ulteriore rinvio dello statuto. Formigoni accetta a questo punto l'idea di un presidente bipartisan della commissione speciale e vengo eletto all'unanimità. I compiti sono tre: lo statuto, approvato a tempo di record e quasi all'unanimità nel luglio 2008. Il regolamento generale, idem come sopra, un anno dopo. La nuova legge elettorale che però viene sfilata all'ultimo momento alla
nostra competenza.
E pensare che erano già pronti otto punti che avevo illustrato alla commissione e al consiglio senza raccogliere obiezioni. Si tratta solo, siamo nel luglio del 2009, di mantenere in vita la commissione speciale ancora per qualche mese. La Lega Nord si oppone. Vuole dimostrarmi, dice il capogruppo in consiglio regionale con il suo proverbiale bon ton, che la maggioranza è maggiorenne, che sa fare da sé, che in pochissimo tempo la loro proposta elettorale sarà legge. Un mese dopo deposito a nome del Pd, come primo firmatario, un progetto di legge che tutti informalmente giudicano di ottima fattura. Ma non lo si discute nemmeno. Nel dicembre (tre mesi fa) il Pdl si sveglia, presenta un progettino "impresentabile" che contiene però un'idea interessante: la semplificazione delle modalità di presentazione delle liste elettorali. Il Pd accoglie subito la proposta di buon senso, ma insistiamo su altri tre punti. Il primo, la non rieleggibilità del presidente dopo due mandati consecutivi. È un passaggio obbligato. Si tratta infatti del recepimento necessario di una norma di principio contenuta nella legge dello stato 165/2004 (da notare che sono passati sei anni). Il secondo è l'applicazione, per quanto di competenza della legge elettorale, del principio statutario delle pari opportunità. Oggi tredici donne soltanto su ottanta consiglieri e nessuna donna nel governo regionale di sedici. Il terzo punto è l'eliminazione del "listino del presidente" (sedici consiglieri sottratti al voto degli elettori) su cui si è consumato un commercio politico inqualificabile.
La risposta della maggioranza è che, a queste condizioni, non si procede. Il finale di questo film è quello che conosciamo con una legge elettorale che ancora non c'è. Aggiusteranno le cose, credo, ma il vulnus di credibilità e di pro- fessionalità allargherà il solco fra cittadini, politica e istituzioni.
*consigliere regionale Pd, ex presidente commissione speciale statuto
 

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