L'era delle critiche sul metodo

Nelle elezioni del 1972 il gruppo del Manifesto si presentò con lo slogan «Libera Valpreda, vota Manifesto». Valpreda non fu eletto, e tutti i giornali se lo spiegarono con la debolezza politica della sinistra rivoluzionaria coniugata con la sua divisione elettorale. A nessuno venne in mente di conte- stare quella candidatura o addebitare quell'insuccesso al fatto che Valpreda fosse un"inquisito ". Soprattutto a nessuno di sinistra, dove pure si disse di quella candidatura tutto il male possibile.
E Valpreda non era un semplice inquisito ma addirittura rinviato a giudizio per un reato fra i più gravi, strage. Eppure tutti lessero quella candidatura nel solco di una tradizione parlamentare della sinistra che datava a ben prima del processo Dimitrov. Si contestava il merito della candidatura non il metodo. Metodo ripreso dai radicali con le candidature di Toni Negri e poi di Tortora. E anche in quei casi le critiche, ancora principalmente dal Pci, furono sul merito. Perfino sui condannati definitivi prevaleva a sinistra il giudizio politico. "Gemisto" Moranino, dopo la grazia, sedette in Senato.
E i parlamentari-avvocati del Psi e del Pci, a cominciare da Terracini, difendevano anche estremisti con gravi imputazioni. È per questa, nobile, storia che non mi capacito del consenso di sinistra per Travaglio. Anche se è certo che fra i casi di Papa e Milanese e quello di Sacco e Vanzetti qualche differenza c'è. Né l'avvocato Ghedini evoca qualche ricordo di Umberto Terracini.
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