L'endorsement a Tremonti ha accelerato la spaccatura

Dalla Rassegna stampa

«Anche Tremonti andrebbe bene dopo Berlusconi». Che l'abbia pronunciata o meno, che sia stata acconciata dalle agenzie di stampa per aderire meglio al pensiero di Massimo D'Alema, alla storia resterà questa frase pronunciata dal segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani. A prescindere dalla piega che prenderà la vicenda politica italiana, sia che il governo ritrovi un improbabile equilibrio, che si torni presto alle urne o che si finisca nella mani di un esecutivo di transizione, l'endorsment regalato in queste ore dai democrat al sempre odiato (tanto dai dirigenti quanto dagli elettori) superministro dell'Economia verrà ricordato come l'atto che ha segnato la fine politica del Pd così come lo abbiamo intravisto dal 2007 al 2010.
Umberto Bossi ieri gli ha sbattuto in faccia una dirompente ovvietà: «Prima tutto quello che diceva era sbagliato, ora lo propongono ». Una capriola impossibile da sostenere sotto i colori della stessa bandiera. La scelta di puntare su Tremonti, voluta fortemente da D'Alema, e destinata a dare il colpo di grazia al partito. Se il governo non dovesse cadere, la fase di stallo aprirebbe una resa dei conti all'arma bianca con la minoranza interna (da Veltroni a Franceschini) che già si ritorce per non essere stata nemmeno consultata prima della decisione. Se si dovesse andare al voto in tempi brevi, il Pd pagherebbe un prezzo salatissimo in termini di consensi presentandosi agli elettori dopo aver brigato per un esecutivo di transizione guidato dal nemico numero due dopo Silvio Berlusconi.
Se la trama dovesse invece produrre il risultato sperato, il Pd sconterebbe l'una e l'altra conseguenza: prima si spaccherebbe in Parlamento, poi verrebbe falcidiato alle successive elezioni per il tradimento ideologico. Non c'è scampo e la precipitazione degli eventi ha cominciato a farsi notare già da ieri. Ieri Rosy Bindi ha aggredito Walter Veltroni, rivolgendogli una critica anacronistica rispetto all'attualità, che serviva però come monito per il futuro: «Trasformare il bipolarismo in bipartitismo è stata una forzatura. Ci siamo caduti anche noi» è l'attacco di Bindi. «Veltroni sa che il suo tentativo di ridurre tutto il centrosinistra nel Pd - incalza - ci ha fatto aumentare di qualche punto percentuale ma c'ha fatto contestualmente perdere le elezioni, il governo e ha messo a rischio l'esistenza del centrosinistra come coalizione». Meriti talmente alti che forse persino Veltroni stenterebbe ad intestarseli. Ma la verità storica conta poco, quel che ha voluto dire Bindi è chiaramente attuale: caro Veltroni, tu e il tuo sogno bipartitico avete fatto il vostro tempo. Siate pronti a celebrare il rito di chiusura della vostra avventura accettando in Parlamento la modifica della legge elettorale che restituisca all'Italia il meccanismo proporzionale della Prima Repubblica.
Questo è quanto ci chiedono i nostri nuovi alleandi Casini-Fini-Rutelli per proseguire nella guerriglia contro il Cavaliere. Questo è quanto D'Alema ha promesso adoro e a Tremonti per continuare a togliere l'ossigeno al governo e favorire la caduta dell'esecutivo e favorire l'avvento di un governo di transizione. Questa è l'unica via d'uscita a disposizione quindi, per cortesia, tu e i molti parlamentari che ai fatto eleggere ad inizio legislatura mangiatevi la minestra. Cosa decideranno di fare in proposito Dario Franceschini e Veltroni non è ancora dato sapere. Non si sa ancora se si piegheranno alla logica del complotto pur di assecondare il sogno dell'elettorato di sinistra di vedere ancora Berlusconi che cade. Sanno che potrebbe essere una vittoria effimera, un piacere istantaneo che potrebbe avere effetti devastanti alle prossime elezioni. Togliere il Paese dalle mani di Berlusconi per regalarlo a Tremonti? «Governo Tremonti? Ma non è lo stesso Tremonti della manovra che abbiamo avversato e contro la quale abbiamo mobilitato i nostri elettori? Mentre i volantini che spiegano la nostra avversione radicale alla sua manovra sono ancora accatastati nelle sedi noi lo promuoviamo a Presidente del Consiglio! Ecco cosa succede a parlare con troppa leggerezza di intese». Parole di una vecchia volpe ulivista come Arturo Parisi, l'ex braccio destro di Romano Prodi che dopo l'ultima pensata del tandem D'Alema-Bersani ha ritrovato una favella smarrita da tempo:«Non credo che se ne farà nulla, ma già questo balbettio irresponsabile ha prodotto il suo danno. Speravo che le voci diffuse ieri dalle agenzie potessero trovare una smentita adeguata.
I giornali di stamane rafforzano invece lo sconcerto. La sola ipotesi del sostegno del Pd ad un governo presieduto da Tremonti dà da sola la misura della confusione. Come si possa passare in soli pochi giorni dalla contestazione frontale e radicale della manovra economica proposta da Tremonti all'auspicio di un governo da lui presieduto è un mistero tutto da spiegare. E bene che ci apprestiamo a spiegarlo innanzitutto a noi stessi sapendo che prima o poi, più prima che poi; di questo potremmo essere chiamati a dar conto agli elettori». Dario Franceschini ha pronunciato un discorso vibrante e tutto sommato apprezzato in aula quando è stato chiamato in causa per pronunciare le intenzioni di voto del Pd sulla mozione di sfiducia a Giacomo Caliendo. A detto a Berlusconi: si chieda perché è rimasto solo rispetto al 1994, quando al suo fianco c'erano Casini e Fini. Chissà se anche D'Alema si domanda' la stessa cosa. In quegli anni se la spassava con Veltroni, Rutelli, Prodi, Bertinotti, Pannella...

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