L'emergenza meridionale

L’inchiesta che coinvolge l’ex ministro della giustizia Clemente Mastella, alcuni suoi familiari ed esponenti dell’Udeur è l’ultimo tassello che si aggiunge alle affollatissime cronache politico- giudiziarie campane. Ha scioccato tutti il caso di Castellammare di Stabia: il camorrista con tessera del Pd che ha ammazzato un consigliere comunale del suo stesso partito. Poi c’è stata la sconsolata intervista ( Corriere , 20 ottobre), di fatto una dichiarazione di impotenza, di Enrico Morando, commissario straordinario del Partito democratico in Campania. Mentre, a pochi giorni ormai dalle primarie del Pd, si discute se sospenderle o no in Campania, date le condizioni in cui versa il partito (come dimostrano i tesseramenti gonfiati dalle lotte di corrente). Una débâcle per il Pd in una regione nella quale la sinistra è dominante da decenni. Si aggiunga, per completare il quadro campano, che anche a destra, nelle fila dell’opposizione, non se la passano bene. Come mostra il conflitto, interno al Pdl, sulla candidatura alle regionali di Nicola Cosentino, a sua volta coinvolto in un’indagine per presunte relazioni con la camorra.
Premesso che l’unico modo per salvaguardare un minimo di civiltà è tenersi abbarbicati alla presunzione di non colpevolezza per qualunque indagato, resta che i discorsi che si sentono fare sanno di vecchio. Si può continuare a guardare il dito anziché la luna e raccontarsi che il problema sono le «infiltrazioni » criminali nei partiti o il clientelismo dei politici. Ma significa prendersi in giro. I partiti, organizzati o no, pesanti o leggeri, sono strutture che si adattano all’ambiente. L’ambiente è il Paradiso? I partiti saranno composti da angeli. L’ambiente è l’inferno? Prevarranno i diavoli. L’ambiente chiede sostegno al mercato? E’ ciò che i partiti daranno. L’ambiente chiede spesa pubblica e clientelismo? I partiti soddisferanno la richiesta.
Non è dai partiti ma dalla società che dovrebbe partire la bonifica. Il problema (che sta mettendo a rischio l’unità stessa del Paese) della Campania, come di vaste zone del Sud, è che non c’è più da decenni un progetto plausibile per lo sviluppo nel Mezzogiorno. Non ce l’ha la destra come non ce l’ha la sinistra. A meno che non si dica che il progetto per il Mezzogiorno sia il federalismo fiscale (si può immaginare l’effetto catartico del federalismo fiscale su Castellammare di Stabia). O la banca del Sud. O i piani per una «Lega Sud» (che sarebbe anche una buona idea ma solo se il suo slogan fosse «mettiamoci a fare denaro», ossia impegnamoci per lo sviluppo, anziché «dateci i denari»).
Forse sarebbe il caso di convenire che in ampie zone del Sud (non in tutte, certo) mancano attualmente le condizioni minime che rendono praticabile la democrazia locale (comunale, provinciale, forse anche regionale) e che un commissariamento centrale si rende, per quelle zone, e per molti anni, indispensabile. In modo da coordinare interamente dal centro sia la guerra alle organizzazioni criminali sia l’imposizione (per lo più, contro le classi dirigenti locali) di progetti di sviluppo. Occorrerebbe un accordo di ferro fra maggioranza e opposizione. Siccome quell’accordo non si può fare, continueremo ad ascoltare impotenti le notizie che arrivano dalla Campania e da altre zone del Sud lamentando le solite infiltrazioni, la solita corruzione, il solito clientelismo.
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