L'Egitto ha un nuovo premier ancora in piazza i pro-Morsi

In aperta sfida alle Forze armate che lunedì avevano intimato di «lasciare libere le piazze», centinaia di migliaia di sostenitori dei Fratelli Musulmani e del presidente deposto Mohammed Morsi hanno dato vita a imponenti cortei al Cairo - a partire da piazza Rabaa al Adawiya loro "santuario" - e in tutte le principali città egiziane. Con il solito macabro linguaggio la direzione superstite della Confraternita (quasi tutti i principali leader sono stati arrestati assieme a centinaia di quadri intermedi) hanno intitolato la manifestazione «al milione di martiri». Pessimo auspicio. È prevedibile che nonostante l’inizio del Ramadan, nella notte anche questi cortei sfocino in violenze. Continua dunque - come era prevedibile - la mobilitazione e la sfida nelle piazze dei seguaci di Morsi che non si lasciano intimidire dai diktat dei militari che ieri hanno minacciosamente avvertito: «Manterremo la pace sociale ad ogni costo; nessuna parte politica può sfuggire alla volontà della nazione».
In chiaro, questo è un secco aut aut - l’ennesimo - ai Fratelli Musulmani e ai loro seguaci: o accettano il fatto compiuto e si piegano alle decisioni politiche delle Forze Armate - supportate dal grande movimento dei Tamarrod - oppure verranno duramente repressi. I cecchini che si sono chiaramente visti lunedì in alcuni filmati mentre sparano dall’alto sulla folla che assediava la caserma della Guardia Repubblicana e ancora più i 51 morti, i 452 feriti e i 600 arresti (molti operati ieri) di manifestanti radunati davanti alla caserma della Guardia Repubblicana, danno un’idea molto precisa di cosa intendano i generali egiziani quando parlano di «a ogni costo». D’altronde, né la guida spirituale della Fratellanza, Mohammed Badie, né alcun altro dirigente ha dato sinora il minimo segnale di volere tornare sulla solenne decisione di «continuare a manifestare sino a quando non porteremo in spalle Mohammed Morsi a riprendere il suo posto di presidente legittimamente eletto dagli egiziani». Qualunque sia l’esito delle manifestazioni di martedì e nonostante il Ramadan è chiaro che la mobilitazione "sovversiva" dei fratelli Musulmani non calerà di tono. Anzi. Muro contro muro dunque, cristallizzato ieri dalla decisione del presidente della Repubblica Adly Mansour di pubblicare una nuova "road map" per la transizione e di nominare primo ministro il socialdemocratico Hazem al Beblawi e vice primo ministro Mohammed al Baradei. Al Beblawi è stato un alto burocrate economico sotto il regime di Mubarak, poi è stato nominato ministro delle Finanze dalla prima Giunta militare comandata dal femaresciallo al Tantawi nel primo esecutivo post Mubarak ed è gradito dai Tamarrod (e dai copti), perché diede polemiche dimissioni per protestare contro i militari che avevano effettuato una strage di copti nell’ottobre 2011. La sua nomina è stata accettata dal partito islamista al Nour (27% dei voti alle elezioni presidenziali), teso a mostrare un inedito e poco credibile atteggiamento moderato per erodere la base di consenso dei Fratelli musulmani, nonostante in realtà sia molto più dogmatico ed estremista di loro.
La nomina del nuovo premier è stata invece seccamente rifiutata dai Fratelli Musulmani che ovviamente hanno anche rifiutato la "road map" di transizione verso nuove elezioni del nuovo presidente (di cui non riconoscono la legittimità). Riserve sul processo di transizione, peraltro, sono state espresse dal movimento dei Tamarrod che, per bocca del suo portavoce Mahamud Badr ha soprattutto criticato la nuova Costituzione provvisoria emanata da Mansour, sostenendo peraltro che «nessuno è stato consultato prima della sua promulgazione: chiediamo profonde modifiche». Una boccata d’ossigeno alla disastrata economia egiziana è arrivata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati che hanno annunciato un immediato prestito di 8 miliardi di dollari, che sicuramente verranno subito distribuiti a pioggia sulla popolazione per abbassare la sua esasperazione. L’Egitto è dunque sull’orlo di una guerra civile (come ha riconosciuto ieri Emma Bonino) e non si vede come possa essere rimarginata la ferita provocata dalla decisione dei militari, e appoggiata dai Tamarrod, di escludere manu militari dal processo politico i Fratelli Musulmani che alle elezioni hanno ottenuto più del 50% dei voti.
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