La legge sulla fecondazione torna alla Consulta

Dalla Rassegna stampa

Un colpo annunciato. Il nuovo attacco alla legge 40 era cominciato lo scorso aprile dopo che una sentenza della Corte per i diritti dell'uomo di Strasburgo aveva condannato l'Austria per un divieto di legge ritenuto discriminatorio. Quello sull'eterologa. I legali e le associazioni che da anni si battono per lo smantellamento delle norme italiane sulla procreazione medicalmente assistita sono partiti da qui. Con una raffica di ricorsi. Ieri la prima vittoria. Il Tribunale di Firenze ha infatti sollevato il dubbio di costituzionalità sull'articolo che proibisce alle coppie sterili di utilizzare per la fecondazione gameti donati o a pagamento (ovociti o spermatozoi) appartenenti a donne o uomini estranei.
La richiesta di percorrere la strada giuridica era stata sollevata da due coniugi torinesi, età sui 35 anni, assistiti dagli avvocati Gianni Baldini e Filomena Gallo, esperti di questa materia. Non potevano avere figli a causa dell'azoospermia del marito (assenza di spermatozoi) e dopo una serie di viaggi della speranza in centri stranieri, con l'appoggio dell'associazione Luca Coscioni hanno deciso di tentare l'ultima carta approfittando della decisione europea, dopo essere stati «respinti» dalla clinica fiorentina Demetra.
Cinzia e Marco (li chiameremo così) hanno alle spalle una storia simile a tante altre. Raccontavano ai parenti che sarebbero partiti per qualche giorno di vacanza. Invece andavano a cercare la felicità di allargare la famiglia. Cinque volte a Lugano, poi la Spagna e infine Praga, l'ultima illusione pagata a caro prezzo. Sacrifici immensi, tanti soldi buttati via (15 mila euro oltre alle spese di soggiorno), fatica, lacrime, cedimenti psicologici, intere settimane lontano dall'ufficio, i risparmi in fumo.
Tutto questo perché in Italia la legge vietava di utilizzare l'unica tecnica di cui avrebbero potuto giovarsi. «E stata una scelta d'amore - si lasciano andare, adesso -. Per noi un figlio viene prima di tutto e non ci importa se avrebbe avuto solo la metà dei nostri geni. In ogni caso lo avremmo amato, lo avremmo cresciuto insieme e sarebbe stato interamente nostro. Se avessimo perso, non credo avremmo ricominciato con i viaggi della speranza. Ci siamo sentiti calpestati». Ora la Consulta dovrà valutare se c'è un problema di costituzionalità. Per la legge 40, approvata nel 2oo4, è un colpo di grazia dopo l'abbattimento dei divieti più criticati. Quello di creare e trasferire nell'utero della donna più di tre embrioni contemporaneamente e poi ancora di congelarli e di sottoporli alla diagnosi preimpianto per individuare la presenza di malattie genetiche. La sentenza è stata accolta male dal governo.
«La nostra posizione è difendere la legge. È stata approvata a suo tempo dalle Camere e noi restiamo coerenti», ha commentato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Dura la reazione del ministro dei Welfare, Maurizio Sacconi: «L'ulteriore rinvio alla Corte costituzionale di una norma fondamentale che comporta il divieto di fecondazione assistita col patrimonio genetico di persone diverse dalla coppia induce a temere che alcune settori ideologizzati della magistratura cerchino una sorta di rivalsa rispetto alla volontà popolare e parlamentare». Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella parla di «accanimento politico. C'è una volontà evidente di smontare l'impianto da parte dei tribunali. Così si torna al Far West». Secondo Livia Turco, Pd, «il ricorso alla Consulta è positivo ed è un'ulteriore prova della difficoltà di applicare una legge ideologica. Invece di impugnare la clava il governo dovrebbe aspettare e rispettare la decisione». Per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani «una legge così ideologica non ha fatto i conti con la realtà. Se fosse abolita non è vero che si tornerebbe al caos».

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